L’erba del vicino non sempre è più verde

18 aprile 2012 | 21:51
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L’erba del vicino non sempre è più verde

A pochi chilometri dalla Basilicata. Rifiuti tossici, fiumi inquinati, e calamità naturali. Un lembo di terra sempre più vulnerabileEsattamente dieci anni fa venivano ritrovate carcasse di pecore, capre e maiali nel fiume Tanagro. Pochi mesi dopo lungo un corso d’acqua a Sassano venivano rinvenuti alcuni pesci morti. Passa circa un anno e la storia si ripete. Stesso luogo e stessa dinamica: ancora pesci morti e ancora sostanze inquinanti.Cosa c’entra tutto questo con la questione petrolio? Apparentemente nulla, ma in realtà c’entra fin troppo. Basta scorrere, infatti, l’elenco dei crimini ambientali avvenuti in tutti questi anni nel Vallo di Diano per capire che questo territorio è stato già messo a dura prova.

2003. Sostanze tossiche abbandonate a Casalbuono

Tanto per cominciare, nel 2003 a Casalbuono furono ritrovati, all’interno di un capannone abbandonato, una quindicina di grossi bidoni contenenti sostanze tossiche. Un mese dopo, a Buonabitacolo viene sequestrata un’area di cinquecento metri quadrati di terreno sotto la quale finivano migliaia di metri cubi di rifiuti industriali. Sempre nello stesso anno, finì sul tavolo della Procura di Sala Consilina un esposto di un gruppo di cittadini di Salvitelle per la presenza di amianto nei 292 prefabbricati utilizzati come alloggi dopo il sisma del1980. Adistanza di oltre vent’anni dal tragico terremoto che distrusse buona parte del paese, intere famiglie vivevano ancora stipate nei vecchi container ricoperti con lastre di amianto. Mentre a Salvitelle cresceva l’ansia per i rischi collegati all’eternit, a Sala Consilina gli abitanti di via Pastinelle, dopo anni di proteste, tiravano finalmente un sospiro di sollievo per l’avvio delle operazioni di rimozione della copertura in amianto dell’azienda Sider Torri, un’impresa di prodotti in ferro, abbastanza nota in zona fino a quasi trent’anni fa.

L’estate del 2003 fu particolarmente calda, anche sul fronte incendi

Decine di ettari di bosco e macchia mediterranea finirono in fiamme, per mano di piromani. La zona più colpita fu quella a nord del Vallo di Diano, dove gli incendi distrussero quasi tredici ettari di bosco. Tra aprile e agosto del 2003 andarono in fumo oltre21 ettaridi boscaglia, macchia mediterranea e pascolo, contro i 18 dell’anno precedente. Anche il numero degli incendi era più che raddoppiato rispetto al 2002. La gravità della situazione spinse i responsabili del Corpo forestale, dei Vigili del fuoco e dell’Unità antincendio della Comunità Montana Vallo di Diano a istituire una task force per tentare di fronteggiare l’emergenza. Ma, nella rovente e afosa estate del 2003, anche un altro boschetto rischiò l’estinzione. Un’area di “particolare pregio ambientale”, compresa tra Sala Consilina, San Rufo, Sassano e Teggiano, venne infatti destinata a zona industriale. La carta di destinazione d’uso del territorio, redatta da un gruppo di esperti ed approvata dalla Comunità Montana del Vallo di Diano, prevedeva la tutela di questi rari siti di macchia mediterranea nella vallata. Il boschetto, infatti, racchiudeva e racchiude ancora oggi tracce della natura palustre del Vallo di Diano. Il Codacons di Sala Consilina tentò in tutti i modi di salvare l’area, ma i lavori erano già stati appaltati. Qualche tempo dopo, però, le attività si bloccarono e l’area lentamente si trasformò in uno scarico abusivo di rifiuti.

2007. Traffico illecito di rifiuti tossici

A distanza di quattro anni, un’altra area del Vallo di Diano viene trasformata in una discarica di rifiuti, ma questa volta di natura tossica. La procura di Santa Maria Capua Vetere, infatti, scoprì nel 2007 un traffico illecito di rifiuti pericolosi sepolti nei terreni agricoli dei comuni di San Pietro al Tanagro (località Tempa Cardone), Sant’Arsenio (località Sanizzi), San Rufo (località Via Larga) e Teggiano (località Buco Vecchio). Nell’operazione denominata “Chernobyl”, per via dei fusti pericolosi provenienti dall’Ucraina, finirono 39 persone, residenti tra le province di Salerno, Caserta e Napoli. Tra queste, anche due cittadini di Teggiano, accusati di aver favorito lo smaltimento dei rifiuti nei loro terreni. Il 17 febbraio scorso, il processo Chernobyl è stato trasferito da Santa Maria Capua Vetere a Salerno. Uno dei capi di imputazione a carico delle persone coinvolte nella vicenda è il cosiddetto “disastro ambientale”. In pratica, l’organizzazione “smaltiva illecitamente quasi 980mila tonnellate di rifiuti in18 mesi, procurandosi ingiusti profitti (nel periodo monitorato) pari a circa 50milioni di euro”.

Concime contaminato usato come fertilizzante

Un grosso affare, dunque, quello dello smaltimento illecito dei rifiuti. Il sistema, del resto, funzionava alla perfezione. Bastava, infatti, contaminare il concime prodotto dalla trasformazione dei rifiuti organici con le sostanze nocive, dopodiché, al posto del fertilizzante, nei terreni agricoli (41mila metri quadrati) dei quattro comuni del Vallo di Diano finiva concime a base di cromo esavalente. Insomma, una bomba tossica che contaminava i terreni e i prodotti agricoli. In piena estate, poi, gli agenti del Corpo forestale di Polla sigillarono un terreno di 5mila metri quadrati in cui venivano riversati, in violazione delle norme vigenti sui rifiuti, scarichi zootecnici. E verso la fine del 2007 furono sequestrate due discariche di rifiuti speciali a Sala Consilina. Nei due scarichi abusivi, di oltre 3mila metri quadrati ciascuno, erano stati abbandonati materiali ferrosi, materiali di risulta e residui di lavori edili, considerati dannosi sia per l’ambiente che per la salute dell’uomo. Le due discariche, infatti, erano collocate in una zona caratterizzata dalla presenza di terreni coltivati.

Emergenza rifiuti

L’anno 2007 si chiuse con la famosa emergenza rifiuti campana. Il commissario straordinario Alessandro Pansa, infatti, aveva individuato a Padula e ad Atena Lucana dei siti da utilizzare per lo stoccaggio delle ecoballe provenienti dal Cdr di Battipaglia. La reazione dei sindaci dei due paesi e degli abitanti dell’intero comprensorio valdianese fu immediata. Il 29 settembre si tenne ad Atena Lucana un’imponente manifestazione di protesta, a cui aderirono tutti i rappresentanti istituzionali, gli imprenditori e gli studenti del Vallo di Diano. La vicenda rifiuti interessò anche i mesi successivi. Il commissario Pansa continuò a cercare altri siti dove depositare i rifiuti, fino a quando non si decise di utilizzare le discariche già esistenti in provincia di Salerno.

2008 funestato da nuove emergenze ambientali. Il nuovo anno fu subito segnato da nuove emergenze ambientali. A marzo, infatti, bruciò un’ ex discarica a Monte San Giacomo, proprio sul perimetro del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Sacchetti di immondizia e ingombranti di vario genere furono avvolti dalle fiamme. Qualche giorno prima si era verificata la stessa cosa a Buonabitacolo, in un’area antistante ad un edificio comunale abbandonato.

Intanto, ad Atena Lucana il progetto di una centrale a biomasse per la produzione di energia elettrica, pari a 10 megawatt elettrici e 49 megawatt termici, da realizzare a due chilometri dalla zona industriale di Polla, cominciò a far preoccupare nuovamente la popolazione locale. Il progetto presentava molte incognite. Ma il fatto più grave era rappresentato dalla compagine societaria, non troppo chiara, della Natural Energy, che avrebbe dovuto realizzare l’impianto. Contestualmente, anche a Buonabitacolo viene avviata la procedura per la realizzazione di un piccolo impianto a biomasse. Ma dopo la fase preliminare, il progetto si arenò.

Sversamento di combustibile nel fiume Calore

Mentre nel comprensorio si discuteva di energia e di biomasse, a Sassano il piccolo fiume Cavarelli tornava, in due diverse occasioni, al centro della cronaca dei reati ambientali. A marzo, infatti, una sostanza oleosa, di colore marrone, infestava il canale, mentre a giugno dello stesso anno la schiuma bianca invadeva nuovamente il fiume. Ma l’episodio più grave di inquinamento ambientale del 2008 si verificò a Buonabitacolo. Nella notte tra l’11 e il 12 luglio, infatti, quintali di combustibile depositati all’interno di un’azienda finirono nel fiume Calore. L’episodio fece alzare ulteriormente il livello di tensione tra i cittadini e la ditta Intergras, ormai famosa per le emissioni di sostanze maleodoranti, prodotte dalla trasformazione degli scarti da macellazione. In pochi giorni spuntò un comitato di cittadini contro le emissioni dello stabilimento. La questione fu affrontata in Consiglio comunale e in Commissione ambiente alla Regione Campania.

Intanto, l’estate era appena cominciata quando, a sorpresa, l’ex assessore provinciale all’Ambiente Angelo Paladino ammonì gli enti locali, in particolare il Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, per la mancata bonifica delle discariche abusive, l’assenza di impianti di depurazione e i ricorrenti fenomeni di inquinamento dei fiumi del Cilento e del Vallo di Diano.

Novembre 2010 esonda il Tanagro. Il fiume Tanagro straripa due anni dopo. La pioggia incessante dell’8 e 9 novembre 2010 trasformò il Vallo di Diano in un vero e proprio lago. L’alluvione causò notevoli danni. Così tanti, da indurre i sindaci a proclamare lo stato di calamità.

Una parte di quei sindaci è intervenuta recentemente anche sulla vicenda relativa alla costruzione a Montesano Scalo della stazione elettrica della società Terna. Il progetto, secondo il comitato che si oppone alla costruzione della stazione, sarebbe completamente diverso da quello iniziale, trasformandosi da sottostazione a stazione di raccordo della rete elettrica nazionale. Non solo: gli elettrodotti che arriveranno alla stazione elettrica montesanese attraverseranno anche molti comuni della zona. Gli abitanti di Montesano e degli altri comuni temono possibili malattie e l’impatto ambientale dell’opera. Attualmente, il cantiere è sotto sequestro da parte della magistratura. Ma circa la metà dei 75mila metri quadrati di area destinata alla stazione sono già stati cementificati.

Novembre 2011: grave inquinamento del fiume che attraversa Buonabitacolo

A poca distanza da Montesano Scalo, il 24 novembre scorso viene lanciato un nuovo allarme ambientale: il fiume Peglio, che attraversa il centro abitato di Buonabitacolo, risulta inquinato in località Rio Freddo probabilmente da scarichi di acque reflue. Sulla vicenda stanno ancora indagando la Procura della Repubblica di Sala Consilina, il Nucleo operativo ecologico di Salerno e gli altri enti allertati in seguito alla denuncia del titolare di un’attività commerciale, posta a poche centinai di metri dal fiume.

L’ultimo tragico episodio ambientale si è verificato il 23 marzo scorso. Un caso piuttosto strano, a giudicare dalla sua dinamica. L’emittente televisiva Uno Tv manda in onda la settimana precedente le immagini dei rifiuti abbandonati lungo le sponde del fiume Calore, in un’area ai confini tra Buonabitacolo e Montesano sulla Marcellana. La settimana successiva i rifiuti vengono dati al fuoco, sprigionando diossina nell’aria.

A giudicare dalla lunga lista dei reati ambientali commessi nel Vallo di Diano, soltanto negli ultimi dieci anni si percepisce perfettamente la fragilità di questo territorio. Un territorio che, a poco a poco, sta diventando sempre più vulnerabile. Preda, probabilmente, di spietati criminali e affaristi.