Le mosche, il miele, la merda e il futuro

19 marzo 2012 | 22:45
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Le mosche, il miele, la merda e il futuro

Piccoli Comuni decrescono. Una Regione che, sul piano demografico, sta in piedi per miracolo, dovrebbe interrogarsi Interrogarsi seriamente sull’assetto istituzionale locale e sul futuro delle piccole comunità Gli artifici inseguiti fino ad oggi si sono rivelati impraticabili. Dopo l’abolizione delle Comunità Montane, arrivano i Pois, falliti anche quelli. Poi arrivano le Aree Programma, destinate a fallire. Geometrie senza compasso, riorganizzazione della gestione amministrativa territoriale senza criteri se non quelli della ripartizione delle risorse e della spartizione delle presidenze. Inutili. Bisognerebbe avere più coraggio, spingersi avanti, forzare il superamento di un arcaica concezione del territorio. Le comunità moribonde vanno salvate, ora o mai più. Accade in questa Basilicata dell’innovazione che due Comuni, uno dei quali destinato a chiudere nei prossimi 30 anni, litigano per un confine (Rionero e Ripacandida). Nel mondo globalizzato, nella società planetaria, in cui gli Stati e i Governi nazionali contano quanto un fico secco, due comunità povere di una povera Regione sperduta del pianeta litigano per una linea sulla carta geografica. Assurdo. Perché non pensare in grande e avviare un progetto di ristrutturazione complessiva del territorio negli assetti istituzionali, geografici e urbanistici? Una Regione dei piccoli Comuni, anzi dei piccolissimi Comuni dovrebbe avere il coraggio di proporre un’alternativa vera alla morte dei paesi. Fusione di Comuni, continuità urbanistica, rispetto delle vocazioni storiche di ciascuna comunità nel quadro di un riassetto complessivo dell’amministrazione pubblica. Rionero, Atella, Barile, al pari di Lamezia Terme (Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia) potrebbero diventare un’unica città nella quale ciascuna comunità conserva le proprie caratteristiche storiche e antropologiche. Melfi e Rapolla allo stesso modo potrebbero diventare una sola città. E così avanti con tante possibili aggregazioni tra Comuni “grandi” e piccoli. Creando continuità urbanistiche con insediamenti produttivi e residenziali. Con una infrastruttura viaria rinnovata e rinforzata. Con sistemi di collegamento inediti. La Basilicata dei 131 Comuni è una follia. Più realistica la Basilicata degli 80 Comuni, popolati, ripopolabili, rinnovati nelle prospettive economiche e di sviluppo. Venosa, Lavello, Montemilone sarebbero una città che salva tutti, ma occorre un sistema di trasporti pubblici e di connessioni urbanistiche di grande ambizione. Ecco che cosa bisognerebbe fare coi soldi che ci piovono addosso. Reti ferroviarie corte, sistemi urbani impensabili ma possibili, infrastrutture di collegamento, insediamenti produttivi connessi all’interno e collegati con le grandi arterie di comunicazione. Il mondo magari non va avanti, né indietro, ma si sposta continuamente. Il potere della frammentazione sarà costretto ad abdicare prima o poi. Tante cacche di mosche sparse sul territorio non segnalano una ricchezza di miele ma un’abbondanza di merda. E’ in quella merda che un certo potere politico ed economico riesce a tenere sotto scacco il futuro di una Regione che potrebbe diventare ricca, sana, e molto più bella.  Ridurre il  numero dei Comuni,  aumentare il potere dei territori, dare forza alla volontà dei cittadini, è la sfida vera di  una Regione che non scherza con il futuro. Altro che Aree Programma! Altro che faida sui confini comunali.