Chi controlla i 700 chilometri di condotte?

26 marzo 2012 | 12:42
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Chi controlla i 700 chilometri di condotte?

La Ola (Organizzazione lucana ambientalista) dopo l’incidente di Bernalda e dopo la conseguente richiesta da parte del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata all’Eni di fare “immediatamente” un controllo, con un apparecchio ad ultrasuoni, “per verificare lo stato di integrità” dell’intero oleodotto (lungo circa 140 chilometri) che trasporta il petrolio da Viggiano a Taranto, registra oggi un silenzio assordante sull’intera vicenda. È appena il caso di evidenziare che oltre ai 140 chilometri di oleodotto esiste uno sviluppo di altri 500 chilometri di tubi che collegano i pozzi della concessione Val d’Agri con il centro oli di Viggiano (ai quali occorrerà a breve aggiungere anche i chilometri degli oleodotti tra i pozzi della concessione Total e il terzo centro oli lucano di Corleto Perticara). Essi sono attraversati da petrolio amaro, non desolforizzato, ricco cioè di sostanze inquinanti ed altamente corrosive per i tubi che lo trasportano. In genere queste condotte hanno una garanzia di dieci anni se sottoposte ad un continuo defluire di petrolio non desolforizzato. In caso di sversamento accidentale, è inutile ricordare, che si tratta di liquido dannoso per l’ambiente e la salute umana.

A dieci anni circa dall’entrata in esercizio della rete degli oleodotti che dai pozzi portano al centro oli di Viggiano e da questo alla raffineria di Taranto – denuncia la nostra Organizzazione – è necessario e urgente monitorare anche l’intero sviluppo della rete che attraversa boschi ricchi di sorgenti, aree sensibili dal punto di vista idrogeologico, aree protette, in prossimità di corsi d’acqua e della diga del Pertusillo, al fine di verificare se vi siano perdite di olio, anche minime, lungo il loro tracciato. Anche perché l’incidente di Bernalda dell’altra settimana – segnalato dagli agricoltori dopo alcune settimane di fuoriuscita di petrolio, ha fatto forse capire che la struttura di controllo dell’Eni è efficace solo sui grandi guasti che determinano immediate e grosse cadute di pressione del greggio negli oleodotti. Mentre piccole e costanti perdite, evidentemente, sfuggono ad ogni possibile controllo, pur restando pericolosamente inquinanti per l’ambiente e l’uomo.

Nel chiedersi quante piccole perdite i 700 chilometri di condotte hanno avuto senza che la gente del posto potesse accorgersene e dare l’allarme in tempi utili, la Ola si interroga sul futuro di queste infrastrutture dato che non esiste alcun piano di monitoraggio e di ipotesi di smaltimento finale, considerato che essi sono destinati a diventare rifiuti speciali, ovvero smaltibili solo in discariche speciali, mentre sarebbe necessario stabilire clausole fidejiussorie aggiuntive con le compagnie petrolifere per non far gravare in futuro sui cittadini l’onere dello smaltimento dei tubi e per eventuali bonifiche. Per realizzare gli oleodotti le compagnie petrolifere e l’Eni hanno stipulato con i proprietari dei fondi accordi di servitù al prezzo di poco più di 12 euro a metro lineare. La servitù, oltre ad essere a tempo indeterminato, resta valida sino a quando Eni deciderà di “lasciare” o “abbandonare” il sito interessato dall’attraversamento dell’oleodotto, non specificando nei contratti di servitù alcun obbligo di asportare le tubazioni e gli impianti interrati che rischiano così di diventare relitti industriali interrati grazie ad una servitù coatta illimitata. E se questo accade è perché al solito è venuto meno l’apporto tecnico del Dipartimento ambiente della Regione Basilicata che ha lasciato soli i cittadini nel fronteggiare leggi, diritti e multinazionali.

Ola -Organizzazione Lucana Ambientalista