La rubrica del martedì di Luciano Petrullo

7 febbraio 2012 | 15:41
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La rubrica del martedì di Luciano Petrullo

Si parla tanto di riformare il sistema elettorale. Quello che c’è non accontenta nessuno. O Dio, proprio nessuno no, perché ai partiti la legge elettorale in vigore va benissimo. Tant’è che provano a lasciare le cose come stanno dando ogni tanto un segnale di attivismo, mai seguito, però, da un dibattito serio e volitivo.
Con la legge che si sono confezionati, i partiti sono riusciti a eleggere il Parlamento più scadente che la storia dell’Italia repubblicana ricordi. In questo momento abbiamo un esercito di parlamentari il cui dispendio di energie causa-lavoro è pari a quello di una pacifica dormita, casomai su un’amaca in un bel giardino. E forse è meglio che non facciano niente, perché fino a quando hanno lavorato (e giù risate) i risultati sono stati tragici. A ogni modo, forse, prima o poi, la legge elettorale dovrà essere rifatta, e allora, facendoci forti dell’esperienza maturata, qualche piccolo suggerimento è bene darlo, non si sa mai che venga sfruttato. Il primo pensiero va alla mancanza di uniformità fra le varie elezioni. Per esempio un governo tecnico in un Comune o in una Regione non potrebbe esserci, oggi come oggi, e, visto, invece, che a livello nazionale pare che sia l’unica maniera per decidere qualcosa, non fa niente se bene o male, questo arriva a essere addirittura secondario, non sarebbe un’idea stramba, tutt’altro, vista l’aria che tira in zona.

Il secondo pensiero va ai premi elettorali

Si parla tanto di premio di maggioranza, buono, secondo molti, a garantire un bipolarismo di ferro, garante dell’alternanza democratica. Sì, va bene, ma prendiamo una regione a caso, tiè, la Basilicata, dove la minoranza tende a diventare specie protetta, elezione dopo elezione, vuoi per i risultati, invero brillanti assai, che la maggioranza consegue anno dopo anno, che ci consentono di essere la regione con più record del mondo (maggior numero di emigranti, in concorrenza con i paesi del nord Africa, maggior tasso di povertà, totale assenza di infrastrutture ecc. ecc.), vuoi per una incapacità cromosomica della minoranza stessa, dovuta anche a un appetito da canarino, che consente di trovarsi sazi dopo poche mollichine generosamente lasciate in pasto dagli onnivori pidisauri, ebbene in Basilicata va istituito il premio di minoranza, ma così, giusto per porre dei limiti alla tendenza imperiale del PD.
Sulle preferenze, che a livello nazionale sono scomparse, ma permangono a livelli territoriali più bassi, bisogna riflettere senza pregiudizi. L’alternativa sta nell’immaginare un parlamento di signorsì, sempre sul mercato o di signorotti capaci di gestire il consenso attraverso filiere che gli consegnano un potere esagerato.

Bella scelta, vero?

Nel primo caso, insomma, una raccomandazione va chiesta a livello centrale, nel secondo a livello periferico. Si tratta di scegliere dove portare la soppressata in regalo, se a Roma o a Potenza. Per un fatto meramente economico forse è meglio Potenza, ma un giro ogni tanto nella capitale pure non guasta. Non è facile, perbacco. Forse è il caso di affidare la scelta alla monetina: un sistema sicuro che garantisce la trasparenza, evita accesi e inutili dibattiti, e ci restituisce a quel bel fatalismo che seda anche le ansie inutili e soverchie. Ultimo problema rimane l’aspetto fisico e il profilo culturale. Insomma, mi chiedo, i nostri parlamentari li vogliamo ruspanti e dall’italiano un po’ approssimativo, ma efficace e simpatico alla Di Pietro, oppure complicati, ricercati, pseudo raffinati nell’eloquio alla Vendola? O ancora: rigidi e austeri come Monti, o allegri mattacchioni come Berlusconi? Letterati o ignoranti? Con una professione o liberi da impegni?, e venendo a noi, eterei come Luongo o Moles, sciantosi e abbronzati come Viceconte, importati come Lamorte o altro ancora? “Io ne vorrei pochi, capaci, laboriosi e onesti”, azzarda uno. Tutti si girano per guardarlo. Lui si fa piccolo piccolo, abbozza un sorriso, arrossisce, e esce dalla sala, impacciato e sotto lo sguardo severo di tutti, camminando all’indietro.

Uscito il mostro, il dibattito può riprendere sereno e fattivo. Dai, ne vedremo delle belle, con la nuova legge elettorale. Fatto sta che i bollori italiani sono stati congelati dal rigor(e) di Monti, che, almeno, ci ha restituito le stagioni, anche se ormai non eravamo abituati più alla neve di febbraio. Ma sì, chissenefrega, chiudiamo uffici e scuole, e andiamo a giocare a palle di neve. Forse è una delle poche cose che ancora non costa cara e non è tassata.