Ecco la relazione che ha fatto scoppiare lo scandalo Fenice-Arpab

4 febbraio 2012 | 12:14
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Ecco la relazione che ha fatto scoppiare lo scandalo Fenice-Arpab

La Procura della Repubblica di Melfi  in data 6 ottobre 2009 conferiva al professor Francesco Fracassi, del dipartimento di chimica dell’Università di Bari l’incarico di consulente tecnico in relazione al procedimento penale riguardante il termovalorizzatore Fenice. Vi riportiamo la parte finale della relazione del tecnico che sintetizza le risposte ai quesiti posti dalla Procura. La relazione risulta protocollata in ingresso alla Procura il 24 maggio 2010. Nell’ottobre 2011 scoppia il caso Arpab-Fenice. Secondo le indagini dei magistrati, l’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti “Fenice” di Melfi inquinava le falde acquifere almeno dal 2002, ma l’Arpab Basilicata non avrebbe comunicato i dati sull’inquinamento ambientale agli enti pubblici lucani. Dalle indagini emerse un “pericoloso inquinamento” della falda acquifera prodotto da metalli pesanti e solventi organici, anche cancerogeni, non comunicato dai dirigenti della struttura di termovalorizzazione e non monitorato dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale, nonostante l’obbligo di inviare relazioni periodiche alla Regione, alla Provincia e alla Prefettura. La presenza, e la quantità di alcuni metalli pesanti, inoltre, non sarebbe mai stata verificata. Da questo sarebbe derivata anche la “mancata e tempestiva attivazione delle procedure di salvaguardia del territorio”. Intanto martedì 7 febbraio, la Commissione svolgerà l’audizione di Maurizio Bolognetti, nell’ambito della discussione delle risoluzioni 7-00706 Zamparutti e 7-00722 Margiotta sul funzionamento dell’impianto del termovalorizzatore “Fenice” di Melfi,

Ecco i quesiti posti dalla Procura di Melfi e le risposte del professor Fracassi.

1)      Esistenza della contaminazione della falda, e cioè accertare l’esistenza di fenomeni di contaminazione della falda idrica sottostante l’impianto di termovalorizzazione.

Questa è la risposta sintetica fornita dal perito: “ Le analisi chimiche in atti, eseguite sia da Fenice s.p.a che da Arpa Basilicata, indicano senza alcun dubbio che il sito è potenzialmente contaminato. Il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione di mercurio e sostanze organiche alogenate è tale che l’eventuale analisi di rischio sitospecifica  sicuramente dimostrerebbe che il sito è anche contaminato.”

2)      Natura causa e inizio della contaminazione, e cioè individuare la natura di tale contaminazione e, se possibile, la causa, il periodo di inizio di tale contaminazione.

Questa la risposta sintetica fornita dal perito:  La potenziale contaminazione è dovuta a inquinanti inorganici (fluoruro, mercurio, nichel, ecc.) e a inquinanti organici (sostanze organiche clorurate e alogenate in genere).  Inquinanti inorganici.Sebbene non sia possibile escludere anche  altre importanti fonti di contaminazione. Gli inquinanti organici si sono infiltrati in falda principalmente  da perdite nello stadio di depurazione dei fumi ad umido del forno a griglia deputato al trattamento dei rifiuti solidi urbani. Rammentando che in alcuni dei pozzi di monitoraggio il tenore del nichel superava le CSC (concentrazione soglia di rischio, ndr)anche prima dell’avviamento dell’impianto per cause naturali, il primo evidente superamento delle CSC dovuto all’impianto si registra nelle analisi di Fenice a partire dal campionamento del 28-29 febbraio 2000, con il superamento del limite del piombo nei pozzi P8 e P9. La situazione è andata man mano peggiorando si come numero di inquinanti oltre i limiti, sia in relazione alla loro concentrazione. Inquinanti organici. La contaminazione è più diffusa e sembrano esserci più punti di immissione. Le più probabili fonti di contaminazione sono da ubicare in prossimità delle 9 vasche di stoccaggio dei rifiuti industriali in ingresso e in corrispondenza di alcuni tratti della rete fognaria-tecnologica dell’insediamento.

In base a quanto risulta dalla documentazione acquisita dalla Polizia Municipale di Rivoli, Fenice era a conoscenza del superamento delle CSC per alcune sostanze organiche clorurate (cloroformio e trocloroetilene) sin dal 29 giugno 2000.  In tale data infatti il laboratorio ha trasmesso via fax i risultati di analisi dei pozzi di monitoraggio (campionamento dell’aprile 2000) ed in modo particolare un  foglio sul quale erano riportati, pozzo per pozzo, sia la sommatoria degli organoalogenati, sia le concentrazioni dei singoli composti. Qualora non si voglia ritenere attendibile la documentazione acauisita dalla Polizia Municipale di Rivoli, la contaminazione da sostanze organiche clorurate risale al campionamento del 10 maggio 2002, quando per il pozzo P5 la sommatoria deli organoclorurati era di 10,5 ppb, di poco oltre il massimo si 10 ppb.

3)      Incuria o imperizia dei responsabili dell’impianto, e cioè evidenziare altresì se la causa della contaminazione sia da ascrivere al cattivo funzionamento dell’impianto o a incuria o imperizia dei responsabili dell’impianto.

Questa la risposta sintetica fornita dal perito: “ Non è possibile rispondere a questo quesito in quanto il sito è sempre stato nella libera disponibilità dei proprietari che hanno più volte mutato lo stato dei luoghi da quando si è diffusa la notizia della contaminazione.”

4)      Condotte omissive, e cioè si dica, altresì, se vi siano state condotte omissive nella segnalazione ai competenti uffici – compresa la Procura della Repubblica – delle anomalie riscontrate e se le stesse siano state o siano  ancora pregiudizievoli per l’uso delle acque da parte degli agricoltori della zona.

Questa la risposta sintetica fornita dal perito: “Nonostante nei referti di Arpab il tenore di Nichel di alcuni pozzi superasse le concentrazioni massime già dal primo prelievo in atti (10 gennaio 2002) e nonostante il consistente peggioramento anche con il superamento dei limiti delle sostanze organiche clorurate a partire dal campionamento del 10 dicembre 2007, non risulta che sino al 3 marzo 2009 Arpab abbia avviato alcuna comunicazione ai sensi dell’art. 244 T.U. o alla Procura della Repubblica di Melfi.

Anche i responsabili della piattaforma Fenice di Melfi, che erano a conoscenza  dell’eccessiva presenza di inquinanti in falda sin dal 29 giugno 2000 ( o maggio 2000), non hanno mai informato della situazione di potenziale contaminazione gli enti competenti o la Procura della Repubblica di Melfi. La comunicazione ai sensi dell’art. 242 del T.U. porta la data del 12 marzo, 9 giorni dopo la nota di Arpab. E’ il caso anche di richiamare quanto riportato nella sezione 6.1 di questa relazione tecnica, in merito alla scelta di Fenice di riportare nei rapporti di prova la sommatoria degli organoalogenati e non la concentrazione dei singoli composti, caratterizzati, questi ultimi, da limiti molto più bassi.

Per quanto concerne la qualificazione di queste condotte come omissive, trattandosi di valutazione di carattere giuridico che esula dalla competenza di un consulente tecnico di estrazione chimico, viene demandata alle valutazioni del Pubblico Ministero.

In relazione alla possibilità che l’eccessivo tenore di inquinanti abbia pregiudicato o ancora pregiudichi l’uso delle acque da parte degli agricoltori della zona, come già riportato nell’introduzione, non avendo l’Arpab eseguito le analisi richieste formalmente  dal P.M., lo scrivente non è in grado di formulare alcuna valutazione.”

5)      Adempimenti per impedire il diffondersi dell’inquinamento, e cioè si dica in fine se i responsabili dell’impianto hanno posto rimedio alle anomalie ed abbiano adottato tutti gli adempimenti necessari ad impedire il diffondersi dell’inquinamento.

Questa la risposta sintetica fornita dal perito: “ Nonostante dalle analisi interne il superamento delle CSC emergesse chiaro sin dall’avvio dell’impianto per il Nichel, dal marzo 2004 per il fluoro e dal settembre 2007 per i composti clorurati cancerogeni, Fenice ha avviato le necessarie operazioni di messa in sicurezza di emergenza solo a seguito della comunicazione Arpab del 3 marzo 2009, come se solo allora avesse preso coscienza della grave situazione esistente, inequivocabilmente dovuta all’attività dell’inceneritore.

L’andamento delle concentrazioni di mercurio nelle acque dei pozzi di monitoraggio sembrerebbe indicare che gli interventi effettuati siano stati risolutivi, anche se è necessario monitorare la situazione per un tempo più lungo. Per quanto concerne le sostanze clorurate, nulla è al momento possibile asserire, è passato troppo poco tempo da quando Fenice ha adottato in concreto i necessari provvedimenti.”

6)      Evidenzi quanto altro utile ai fini di giustizia penale

Questa la risposta sintetica fornita dal perito: “La procedura seguita per le prime fasi della bonifica e in modo particolare l’autorizzazione del piano di caratterizzazione realizzato da Fenice non sembra conforme a quanto previsto dal T.U.. In particolare il piano di Fenice risulta autorizzato dal Comune di Melfi mentre il comma 3 dell’art. 242 del T.U. demanda tale onere alla Regione.”