La moratoria per salvare l’economia e i fiumi lucani

9 gennaio 2012 | 17:37
Share0
La moratoria per salvare l’economia e i fiumi lucani

È giunto il momento di fermare, con una moratoria, il raddoppio delle estrazioni petrolifere in Basilicata previste dal già fallito Memorandum che il Governo nazionale non vuole e non può firmare con la Regione Basilicata, in cambio di non precisati vantaggi infrastrutturali. Un raddoppio che il governatore lucano, Vito De Filippo, ha promesso di non consentire senza la firma del Memorandum, ma che di fatto sta già avvenendo. Infatti, ai 91 mila barili di petrolio giornalieri, estratti storicamente per 15 anni in Val d’Agri, la Regione e le società minerarie vogliono aggiungere una linea in più al centro olio di Viggiano, al fine di raffinare altri 13 mila barili al giorno, così da toccare la quota di 104 mila barili di greggio al giorno (dopo 15 anni si sono ricordati dell’accordo del ‘97 ma non della rete di monitoraggio ancora non attuata e delle indagini epidemiologiche nelle aree interessate), ai quali vogliono anche aggiungere i 50 mila barili che dovrebbero arrivare dalla concessione “Gorgoglione” della Total ed i 25 mila barili di petrolio al giorno da estrarre dai monti di Marsico Nuovo. Solo che la Giunta regionale vuol spacciare queste autorizzazioni per vecchi accordi fuori dal Memorandum, consentendo di salvare la faccia al governatore lucano ed ai petrolieri, nonché incrementare i loro profitti.

E’ invece necessaria ed urgente la moratoria delle attività petrolifere in Basilicata congelando i barili estratti agli attuali 91 mila al giorno che vanno considerati come limite di riferimento definitivo. Un dato storico di partenza questo cui attenersi e sul quale iniziare un dibattito che coinvolga anche i cittadini, prima di concedere non un nuovo permesso, ma addirittura uno spillo qualsiasi ai petrolieri, pena pesanti ripercussioni sullo stato dell’ambiente e la salute dei cittadini.

La Regione Basilicata, tra l’altro, potrebbe fare come la Regione Abruzzo che con la Legge Regionale n.32 del 2009 ha vietato sul suo territorio ogni estrazione di petrolio. La Regione Basilicata avrebbe dovuto pretendere l’annullamento dell’accordo con la Total su Tempa Rossa, visto i gravi risvolti giudiziari in terra di Basilicata da parte della compagnia francese, vietando all’Eni ed alla Shell di perforare le montagne del parco dell’Appennino Lucano intorno a Marsico Nuovo, ove sono presenti le sorgenti del fiume Agri e di molti altri torrenti tributari delle dighe di Marsico Nuovo e del Pertusillo. Perforazione contro la quale la Ola e No Scorie Trisaia si rivolgeranno alla Commissione Europea e gli Organi Europei competenti, a salvaguardia dei diritti umani e dell’ambiente.

La moratoria sulle nuove perforazioni e permessi di ricerca (al momento sono in atto gli iter dei nuovi permessi di ricerca “Il Perito”, “Satriano di Lucania”, “Muro Lucano”, “Monte Li Foi” e “San Fele”) la chiedono le centinaia di firme raccolte da Ola (Organizzazione lucana ambientalista) e No Scorie Trisaia con lo “Smemorandum in Camper” in giro da mesi nelle piazze dei comuni lucani; e la chiedono con sempre maggiore consapevolezza i lucani ed anche molti amministratori pubblici. È evidente, infatti, il fallimento della politica energetico-economica regionale (per l’Istat è ancora la Regione più povera d’Italia). L’ha espressamente chiesta anche la prof.ssa Maria Rita D’Orsogna nel corso del convegno organizzato a Matera dal Ola e Movimento 5 Stelle, documentando scientificamente i rischi che l’attività mineraria comporta in assenza di regole che l’Italia evade e che molti altri Paesi, come negli Usa ed in Norvegia, applicano invece rigidamente per preservare l’ambiente, le acque ed il territorio. La Basilicata – ha detto la D’Orsogna – è un unico bacino idrico di superficie e di profondità oggi messo a rischio dalle trivellazioni petrolifere realizzate utilizzando sostanze chimiche altamente tossiche, tenute segrete dalle società minerarie, libere di agire indisturbate da normative troppo semplificate, da limiti di emissioni milioni di volte più permissivi dei limiti di altri Stati e dall’inesistenza o inadeguatezza di corretti sistemi di controllo in ambito locale.

Il convegno di Matera è stato seguito da circa 300 persone che hanno riempito fino al limite massimo la sala conferenze della Mediateca provinciale di Matera, i corridoi laterali ed addirittura il porticato esterno, dove gli organizzatori avevano predisposto un collegamento video, ai quali vanno aggiunti i circa 200 spettatori della diretta streaming dell’evento curata da Ola Channel. Tutti i presenti sono rimasti incollati alle sedie e al computer per circa 3 ore, il tempo che la relazione della D’Orsogna ed il dibattito successivo per argomentare un’informazione che non può più essere ad esclusivo appannaggio di chi estrae gas e petrolio dalle profondità della Basilicata eludendo, così come fatto dalla Regione con il convegno “Copam” dell’aprile 2011, le elementari norme di democrazia e diritto di informazione. L’affluenza record di circa 500 lucani alla conferenza della prof.ssa D’Orsogna è un nuovo segnale di consapevole interesse che la comunità di Basilicata rispetto alla problematica del cosiddetto oro nero. Un luogo comune che rappresenta oro per le società minerarie e futuro sempre più nero per i lucani.