Su Fenice solo tavoli imbanditi di chiacchiere

10 dicembre 2011 | 12:10
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Su Fenice solo tavoli imbanditi di chiacchiere

Si è tenuto in Regione l’ennesimo “Tavolo della trasparenza su Fenice”, istituito dall’assessore regionale all’Ambiente, Agatino Mancusi. Al di là delle chiacchiere del governatore Vito De Filippo sul “costruire percorsi di trasparenza che diano certezze sulla tutela di ambiente e salute”

alla Ola (Organizzazione lucana ambientalista) sembra piuttosto che si miri – con questi tavoli imbanditi di chiacchiere, unitamente alle cabine di regia che partoriscono film degni dell’Istituto Luce del Ventennio – esclusivamente al rilascio dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale)

Strafregandosene di salute e ambiente. Il direttore del Dipartimento Ambiente, Donato Viggiano, è stato esplicito: il numero di analisi da effettuare presso l’inceneritore Fenice, sono finalizzate al rilascio dell’AIA, enfatizzando, nella sua relazione, il rapporto ambientale relativo all’aria. Un “semaforo verde” all’AIA, preludio – secondo la nostra Organizzazione – alla richiesta successiva di rilascio di un nuovo parere VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), dopo quello rilasciato nel lontano 1993, necessario alla società per incrementare gli attuali volumi di rifiuti da bruciare nell’inceneritore di San Nicola di Melfi. È appena il caso di ricordare come l’AIA non abbia mai ricevuto tanta importanza, così come invece è stato fatto oggi. Ricordiamo che Fenice già opera in regime transitorio, garantito da successive determinazioni provinciali, ormai da 11 anni, e confermato anche dal TAR Basilicata.

Il direttore dell’Arpab, Raffaele Vita, di contro, ha ricordato che i dati di monitoraggio dell’aria nella zona di San Nicola sono largamente al di sotto della soglia di pericolo, se non per il solo Pm10 che, per un paio di volte e non di più, ha sforato i limiti di legge, come “accade anche in zone non industriali”. L’analisi di Vita ha solo accennato al problema delle acque di falda di cui “si registra un abbattimento degli inquinanti”. Abbattimento che non risulta negli 
ultimi risultati della stessa Arpab delle analisi delle acque di falda, che dimostrano invece un grave stato di inquinamento. E saremmo curiosi di sapere cosa l’Arpab avrebbe trovato se non avesse limitato le analisi alle immediate vicinanze dell’impianto, ma l’avesse estesa anche oltre, per capire con uno studio idrogeologico l’entità e l’estensione effettiva dell’area contaminata. A tutela della salute dei cittadini e dei campi sottostanti. Perché non può essere un 
inquinamento solo così circoscritto attorno all’inceneritore di Melfi.

A tal proposito sollecitiamo il direttore Vita a disporre la pubblicazione degli ultimi dati sulle falde relativi al bimestre ottobre-novembre 2011 (siamo fermi a settembre 2011), per verificare la bontà di quanto affermato nel corso del tavolo della trasparenza, facendo prendere le distanze dell’Agenzia dall’odiosa pratica della divulgazione ad orologeria dei dati ambientali, prima secretati da altre autorità e successivamente divulgati con ritardo, finendo col 
favorire interessi e impunità degli inquinatori. Ricordiamo che Fenice brucia dalle 40 mila alle 60 mila tonnellate di rifiuti annui industriali e speciali, anche liquidi, più 30 mila tonnellate annue di rifiuti urbani ed è inutile scomodare i tecnici dell’Istituto superiore della sanità, fornendo loro non dati epidemiologici certi, ma solo quelli misurati dalle centraline di controllo che non controllano nemmeno se stesse. Altro che “parametri medi di un’area rurale”, quasi da area incontaminata: l’Iss si sarebbe forse spaventata e avrebbe paragonato l’area di San Nicola all’area di Taranto. Dopo la sortita dei funzionari ASP in sede di Conferenza di Servizio in Provincia, che ha consentito a Fenice di vincere la causa presso il TAR Basilicata, contro la quale ci saremmo aspettati che 
Provincia e Regione ricorressero al Consiglio di Stato e non che ricorressero ad artificiali tavoli della trasparenza, suggeriamo alla Regione Basilicata di prendere esempio dalla Regione Puglia per l’area di Taranto, impegnando i tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità su uno studio epidemiologico basato su analisi di campioni di alimenti, latte, verdure e sangue umano e animale per scoprire la presenza di eventuali diossine, metalli pesanti ed inquinanti anche nell’organismo umano ed animale.

Suggerimento che giriamo all’assessore alla salute, Attilio Martorano, che è così tranquillo in merito all’incidenza delle patologie tumorali in Basilicata, inferiori, a detta sua, rispetto a quelle nazionali, e riconducibili al cambiamento degli stili di vita dei lucani, al potenziamento degli screening e al miglioramento delle metodologie di diagnosi. All’assessore Martorano occorrerebbe anche far sapere che la principale causa di morte dei malati terminali di tumore è l’infarto, e che dunque dovrebbe precisare in merito ai dati in suo possesso, se si sono scorporati dai decessi per infarto, le percentuali dei malati terminali di tumore cui non ha retto il cuore, giusto per un principio di esattezza statistica. E giusto per dare valore, nella genesi dei tumori, ai “fattori ambientali” che sono i parametri più importanti quando si vuol capire il perché di certi incrementi. Almeno, i parametri ambientali valgono per i ricercatori di mezzo mondo e forse anche per quelli del CROB di Rionero. I cui dati mostrano come, in molte zone della Basilicata, compreso il Vulture, vi sia un 
vertiginoso aumento di patologie tumorali, molte delle quali, poco o nulla, hanno a che vedere con gli stili di vita.

È evidente, dunque, qui, più che altrove, il tentativo di mettere la parola fine alla vicenda Fenice consentendo il prosieguo dell’attività dell’inceneritore. La Ola ribadisce la propria ferma contrarietà ad ogni tentativo di sminuire la gravità di quanto è avvenuto nella vicenda Fenice, con occultamento di dati, proroghe autorizzative in costanza di inquinamento e molto altro, che non potrà essere cancellato certo con il trionfalismo fuori posto emerso a margine di 
un tavolo predisposto per l’ennesimo disastro ambientale registrato nella nostra Regione.

Ola (Organizzazione lucana ambientalista)