Poliziotti per vocazione, non per lo stipendio

20 dicembre 2011 | 12:21
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Poliziotti per vocazione, non per lo stipendio

Non è banale dire che il loro lavoro è soprattutto una missione. Se uno dovesse scegliere di fare il poliziotto solo per lo stipendio, dubito che lo farebbe. Di sicuro non è un lavoro come un altro e loro, gli agenti, ne sono consapevoliLo spunto per questa riflessione è un banale controllo stradale. Sarà il clima natalizio, o la particolare cordialità degli agenti che mi hanno imposto l’alt, a fare in modo che tra noi, a controllo terminato, scappi qualche parola in più.

Una chiacchierata a bordo strada, mi da la conferma che la situazione, anche per loro, non è delle più rosee. La sicurezza è forse attualmente il settore che in Italia è tra i più penalizzati dai tagli. Manovra Monti compresa. Eppure, e questo mi sorprende un po’, i miei interlocutori mi dicono che sono tanti i giovani che ancora sognano di entrare in Polizia e che purtroppo ne restano fuori perchè non si fanno i concorsi.

E chi invece questo lavoro lo fa da anni? Chi è in Polizia da anni, nonostante l’ancor giovane età, non può, in questo momento storico, risparmiare considerazioni amare sui pesanti tagli subiti. Evidenti, basta guardare l’auto degli agenti con cui sto parlando.

Si legge su una fiancata “Sezione anticrimine”. L’hanno praticamente “riciclata”. Anzichè metterla a riposo, le condizioni sono infatti quel che sono, l’hanno datata in dotazione alla Stradale. “Quest’auto- mi informano gli agenti- ha circa 300 mila chilometri. Per carità di camminare cammina, ma-dice uno dei due- non voglio pensare cosa potrebbe succedere se fossimo costretti ad un inseguimento”. Anche a vederla, l’auto, sembra ridotta maluccio. Ma questa è solo una faccia di una medaglia che dall’altra parte ha sezioni di Polizia che non hanno nemmeno il carburante per far camminare i mezzi. 

Vogliamo parlare poi degli straordinari? “Beh se sono necessari li facciamo senza pensarci sù due volte, siamo in Polizia prima di tutto per garantire sicurezza ai cittadini, in caso contrario preferiamo stare a casa, visto che, per un’ora in più, prendiamo cinque euro e che spesso per raggiungere il luogo di lavoro ne spendiamo dieci di carburante”. 

C’è amarezza nelle parole di questi due uomini. Il tono della loro voce ti fa capire quanto tengano alla divisa che indossano. Solo così si giustifica la delusione per un governo che anzichè riconoscere l’importanza delle forze dell’ordine continua a difendere i privilegi della casta.

Dalla retribuzione alla sicurezza fino al trattamento dei “delinquenti”, la chiacchierata si allarga. Lo spunto è la notizia del giorno, ovvero l’uccisione  a Taranto di una guardia giurata di 35 anni, freddata con un colpo alla testa. “Tanto- senza la certezza della pena- mi dicono- questi delinquenti non ci pensano due volte a far fuori un uomo”. Poi, però pensano a chi sta peggio: “Pensiamo anche a chi non se la passa meglio di noi, i colleghi della Polizia Penitenziaria. Quelli si che se la passano male”. Ovviamente il riferimento è al sovraffollamento delle carceri e alla carenza in organico degli agenti, altra storia, ma con lo stesso denominatore. Disattenzione verso chi deve garantire la sicurezza. Giusto, questi uomini lavorano per farci vivere in sicurezza. Li lascio lavorare. Non mi trattengo oltre, saluto i due agenti, augurando loro un sereno Natale. Ricambiano con l’augurio che questo brutto momento passi. Il tempo di salire in auto e loro sono già a conbtrollare un altro automobilista.