La lezione di buona politica del Comitato Terre Joniche

27 novembre 2011 | 17:48
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La lezione di buona politica del Comitato Terre Joniche

La vicenda del Comitato Terre Joniche è la dimostrazione che la buona politica esiste e si può fare. Ma per trovarla bisogna andare altrove, non nelle aule di qualche istituzione, e neanche, a volte, nelle ormai asettiche e scenografate ex sezioni di partitoBisogna andare nel “fango”, addentrarsi nella disperazione vera delle persone e farne risorsa di lotta. Bisogna essere tutti “con”, “infra”, e resistere. Senza lasciarsi prevaricare dalla cattiva politica. Che cosa ci insegna, ad oggi, l’esperienza degli alluvionati della fascia Jonica apulo-lucana? Molte cose, ma alcune in particolare. Che la lotta, quando è finalizzata ad una indiscutibile buona ragione, vince. Ma vince se non si lascia avviluppare nel gioco facile dei meriti e delle colpe. Se non si lascia cioè indebolire e illudere nelle dinamiche proprie dell’arena dei partiti. Se è capace di confrontarsi con le istituzione per quelle che sono e per ciò che rappresentano. Se non si lascia imprigionare nel mercato del consenso e nei ricatti di potere. Vince se la lotta è lotta “per” e non contro qualcuno o qualcosa. In questo modo gente di diversa provenienza culturale e politica, di diversa estrazione territoriale, ha saputo concentrare su un obiettivo comune un percorso di risultati. Con fatica e con tenacia, certo, con determinazione, come in ogni lotta che si rispetti, ma con una grande intelligenza. L’intelligenza di chi sa trasformare un obiettivo “egoistico”, in un percorso di crescita comune, capace di coinvolgere anche chi non ha alcun problema di risarcimento per l’alluvione.

E’ la prima volta che assistiamo ad un piccolo movimento civile di lotta, autentico. E mi spiego. Quelli di Terre Joniche possono essere stati sollecitati alla lotta esclusivamente dal loro interesse individuale ed egoistico. Si tratta di persone che hanno perso trattori, aziende, case, tutto. Quando il male ti brucia sotto il sedere, allora seri costretto a muoverti. La storia delle lotte del Mezzogiorno è sempre avvolta da sfondi familistici. Pensiamo alle lotte contadine del secolo scorso, finito nei ricatti ideologici, nei micro conflitti tra chi aveva il mulo e chi non lo aveva.  O anche, di recente, il movimento no scorie di Scanzano, visto da un’altra prospettiva, ha preso le mosse dalla paura individuale, egoistica di ciascuno che si è poi fatta somma di paure per diventare movimento. Un movimento debole, che non ha fecondato oltre, proprio perché nato dalla paura individuale ed egoistica. Finito nei conflitti tra partiti, nel gioco delle colpe e dei meriti. Finito perché svanita la paura. Terre Joniche, al contrario, rappresenta un piccolo movimento che, seppure nato dalla necessità materiale individuale, dal legittimo interesse di ciascuno, si è trasformato in una fucina di produzione di cultura civica. Si è trasformato in uno spazio fecondo di cittadinanza attiva. E’ diventato in pochi mesi, una fabbrica di fiducia. Settimane, mesi, al freddo, al caldo.

Le notti e le giornate immobili.  Che si fa quando niente si muove? Si va a scuola di prevenzione, si studiano insieme i diritti dei cittadini, le leggi, si discute di dissesto idrogeologico. Si studiano insieme le strategie per vincere la battaglia. E’ ciò che ha fatto questa gente quando si radunava nel presidio di lotta. Ma c’è di più. Un sapiente utilizzo dei social network e dei media, efficace e senza vacui clamori. Una sorta di sussurro che scava nell’informazione e raggiunge tutti. Lentamente, giorno dopo giorno, passo dopo passo. All’origine una somma di individui con i loro problemi, alla fine una comunità di persone. Una comunità che può insegnare molto al Paese, e può aiutare gli altri. Ecco il grande passo: “ da me stesso, a noi, agli altri”. Una bella catena di valore civile. Grazie a tutti voi. Fatene qualcosa di più grande. Fatene una scuola di democrazia e di partecipazione. Grazie Gianni. Si, Gianni Fabbris, maestro di buona politica.