Petrolio, il business sulle concessioni

22 ottobre 2011 | 16:24
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Petrolio, il business sulle concessioni

La Città dei Sassi è stata interessata da una concessione, la Bradano, al momento sospesa, non certo per compassione verso il valore artistico, storico e culturale della Città Patrimonio dell’Umanità. Molto più semplicemente, significa che c’è stato un errore nelle varie pratiche burocratiche o, forse, che la società mineraria che ne chiese i titoli, non esiste più o, magari, ha esaurito il motivo del titolo di concessione posseduta. Che non sempre è estrarre petrolio. Esiste, un sottobosco di piccole aziende pseudo-minerarie a responsabilità limitata (guadagni e disastri possibili enormi, perseguibilità economico-amministrativa zero), con nomi stranieri, magari anche quotate alla borsa di Londra, ma che nella realtà, di esperienza e di competenza mineraria, ne hanno quanto quella di un contadino lucano del secolo scorso.

Due sono le azioni in genere compiute da queste società minerarie lucane, non appena avuta la titolarità della concessione dalla Regione e dal Ministero: se quotate in borsa a Londra, quintuplicano il valore delle loro azioni e, senza realmente voler perforare, realizzano ingenti capitali vendendo il titolo minerario avuto per entrature politico-burocratiche. Se non quotate in borsa, ma quotate al borsino degli apparati burocratico-amministrativi, non appena 
ottenuta la concessione mineraria, la vendono a chi realmente perfora ed estrae. E anche qui è un indebito guadagno per parenti e prestanomi di influenti personalità locali. Matera è sede legale e amministrativa di società minerarie e su questa dinamica commerciale, andrebbe indagato un po’ di più. A chi tocca indagare? Lo chiederemo in piazza Vittoria domenica 23 ottobre dalle 10 alle 13!

La tappa di Matera è organizzata dal Movimento 5 Stelle che – con gli attivisti dello “sMemorandum in Camper”, in diretta streaming di Ola Channel – saranno il megafono anche della denuncia di una condizione di alto grado di inquinamento. L’intera provincia ha 269 pozzi minerari, tra sterili, attivi ed esausti, un centro oli attivo e uno chiuso nel 1970, avrà molto probabilmente attività di stoccaggio commerciale sotterraneo, almeno 2 delle 3 centrali a turbo gas presentate nel Piear regionale (di cui una da 10 mw di imprenditori locali che sfrutteranno giacimenti di gas acidi in Valbasento), è area Sin di bonifica nazionale in Valbasento, è, nel Metapontino, area europea sensibile ai nitrati (sostanze cancerogene) ed è sede della città dei rifiuti – Tecnoparco, ed avrà 4 centrali a bio-maschera che bruceranno il Css alias Combustibile Secondario Solido, alias monnnezza. In piazza a Matera, si chiederà anche del perché ai contribuenti lucani si chiede di versare 2,5 milioni di euro all’anno all’Agrobios, società privata, anche se di proprietà della Regione (anomalia tutta lucana questa), in odore di chiusura nonostante le commesse pubbliche ricevute, presieduta da un politico di maggioranza e senza un comitato scientifico, spesi per indagini ambientali che invece toccherebbero all’Arpab (100% pubblica), spesso, invece, non messa in condizioni finanziarie di buona gestione.

In piazza, si discuterà anche di una mirata disinformazione alla quale di recente, in un’intervista, ha partecipato anche il governatore Vito De Filippo che vuol far passare le società minerarie per vessate dallo Stato italiano tra tasse e accise che pagherebbero a dismisura (poverette).Per cui, traduciamo noi il loro sottinteso, quel 7% in royalties concesso al territorio è veramente un grosso regalo. Per lo più oggi s’inventa un non meglio specificato Campus Biomedico, una sorta di università dove far convivere l’aumento delle estrazioni di petrolio e tumori.

Qui di seguito un’analisi di Maria Rita D’Orsogna 
(http://dorsogna.blogspot.com/search?q=norvegia+tasse), su come la Norvegia, quarto produttore al mondo di petrolio, tassa i petrolieri.

1. tasse ordinarie: 28% del ricavato; 2. tassa speciale sul petrolio: 50% del ricavato; 3. tassa sulle emissioni di CO2 e di NOx; 4. tassa sulle emissioni di gas serra; 5. tassa sullo sviluppo della zona; 6. interesse diretto allo stato (SDFI); 7. tassa sulla licenza petrolifera. Poi c’è la tassa sulle emissioni di monnezza tossica: per i petrolieri e le estrazioni in mare (in Norvegia si estrae solamente in mare a 80 km. dalla costa la terraferma è sacra) è di circa 50 
euro alla tonnellata di CO2 emesso e di 2.000 euro alla tonnellata di NOX emessi. In più ci sono circa 40 euro alla tonnellata di CO2 che devono essere pagati per la legge sull’effetto serra.

Paga tanto l’Eni in Italia? In più, se non perfori e tieni bloccata una concessione, paghi affinché nessun finto petroliere con parenti e prestanomi speculi sulle licenze una multa di 3.800 euro al chilometro quadrato della concessione. In più ancora, il governo Norvegese è azionista di circa 146 licenze e perfora anche con la ditta nazionale, la Statoil, i cui profitti sono tutti pubblici. Infine, qualsiasi cosa succeda, la responsabilità è sempre dell’operatore privato. È così anche da noi?
Ola (Organizzazione lucana ambientalista)