Libera ricorda il sacrificio di Di Lorenzo

13 ottobre 2011 | 15:24
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Libera ricorda il sacrificio di Di Lorenzo

Era il 1992. Gli anni delle stragi di mafia. Capaci e Via D’Amelio, Falcone e Borsellino. Gli anni di quella trattativa con pezzi deviati dello Stato della quale proprio in questi giorni ha ripreso a parlare Giovanni Brusca.
La guerra allo Stato però doveva continuare. A Totò Riina non piaceva il regime del carcere duro e così ordinò ai suoi di dare una “lezione” agli agenti di polizia penitenziaria perché capissero che i boss detenuti andavano comunque rispettati. Bisognava uccidere, dunque, almeno un agente per ogni carcere della Sicilia.
In quello di Agrigento prestava servizio il sovraintendente Pasquale di Lorenzo, casertano di origine ma lucano di adozione. Aveva 45 anni, viveva con la moglie e le figlie a Porto Empedocle.
Trascorse la giornata del 13 ottobre 1992 nella sua campagna in contrada Durruelli di Porto Empedocle doveva spesso passava il suo tempo libero e dinanzi al cui cancello di ingresso fu ritrovato cadavere la mattina del giorno dopo, ucciso da due colpi di fucile a canna lunga e quattro colpi di pistola.
Anni dopo, il suo killer reo confesso del delitto farà il nome dei mandanti, spiegherà il movente e parlerà di quel piano scellerato di Cosa Nostra: una vera e propria strategia del terrore che sarà anche confermata da Giovanni Brusca.
Per anni, però, il suo omicidio era stato legato a questioni personali e l’inchiesta era stata anche archiviata: come spesso accade nelle storie di mafia, come spesso accade quando un omicidio nasconde ben altre verità.
Pasquale, invece, ha ottenuto giustizia perché un collaboratore di giustizia ha svelato la verità.
Ma quante vittime innocenti di quella Strage non avranno mai giustizia perché nessuno ha mai raccontato di loro?
Quante cose ancora non ci sono state dette di quegli anni?
Quanto tempo ancora dovremmo aspettare per conoscere tutta la verità e tutte le verità?
E come si pensa di voler davvero fare guerra alle mafie se i collaboratori di giustizia vengono sistematicamente discreditati o messi tutti nello stesso calderone?
In un Paese che spesso perde la memoria, che si ritrova con la memoria corta, che usa la memoria solo in certe direzioni o la trasforma il palcoscenico in certe occasioni, a noi piace ricordare le vittime di mafia anonime e silenziose; quelle che hanno perso la vita solo perché facevano il proprio dovere, e che con il proprio sangue innocente continuano a scrivere le pagine della nostra Costituzione.
Come Pasquale, a cui oggi va il nostro ricordo. E alla moglie e alle figlie, che oggi vivono a Potenza, il nostro abbraccio.

Coordinamento Libera Basilicata