Gli abiti di Luca Orioli erano alla Sapienza di Roma

25 ottobre 2011 | 13:34
Share0
Gli abiti di Luca Orioli erano alla Sapienza di Roma

Nella stessa università dove insegna il medico legale che si occupò, nel 1996, della prima autopsia sui cadaveri di Luca e Marirosa. Lo stesso medico ha dichiarato di aver riposto i vestiti del ragazzo nella bara

Sono stati ritrovati alla Sapienza di Roma gli abiti che Luca Orioli indossava la sera che è morto. Luca, 21, e Marirosa Andreotta furono ritrovati privi di vita la sera del 23 marzo 1988, nel bagno di casa della ragazza. In occasione della seconda riesumazione dei cadaveri, il 17 dicembre 2010, non furono rinvenuti nè gli abiti del ragazzo, nè alcuni organi interni tra cui l’osso ioide. Circostanza da subito considerata strana, visto che il perito anatomopatologo (Giancarlo Umani Ronchi), che si era occupato nel 1996 di una prima autopsia sul corpo senza vita dei ragazzi, aveva dichiarato di aver riposto abiti e organi interni nella bara. Il ritrovamento all’Univerità La Sapienza, dove Giancarlo Umani Ronchi è docente di Medicina Legale è stato effettuato dagli agenti della Polizia di Scanzano Jonico su incarico della Procura di Matera. Per chiarire le circostanze del ritrovamento la madre di Luca Orioli e il suo legale Francesco Auletta sono stati convocati in Commissariato a Scanzano, per giovedì alle 17:30.  

Vi proponiamo di seguito uno stralcio dell’inchiesta sulla morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta pubblicata il 3 settembre 2011 sul secondo numero del nostro settimanale “Basilicata24. Il giornale d’inchiesta”

Per la cronaca sono i fidanzatini di Policoro. Luca Orioli e Marirosa Andreotta, due studenti universitari morti a 21 anni. In circostanze, ancora oggi, poco chiare. Almeno a giudicare dalle perizie susseguitesi negli anni. E dalle contraddizioni emerse nella, più volte ripetuta, ricostruzione dei fatti.

Il fatto

E’ la mezzanotte del 23 marzo 1988 quando Antonia Giannotti rientra nella sua casa di Policoro dopo essere stata ad un concerto a Matera. Quel giorno sua figlia Marirosa Andreotta è rientrata dall’università. La donna nota che la porta d’ingresso non è chiusa a chiave. Entra, probabilemnte chiama sua figlia, si avvia su per le scale. Mentre sale vede la luce del bagno, riflessa sul muro di fronte. Sua figlia è lì immersa nella vasca. Esanime. Per terra c’è Luca Orioli, anch’egli immobile. La donna, come ha poi riferito ai carabinieri, istintivamente gira la manopola per svuotare la vasca. Poi capisce che i due ragazzi sono morti (…)

Il caso è chiuso: i ragazzi sono stati folgorati

Dal ritrovamento ai funerali passa poco: il caso viene chiuso come incidente domestico. Tutti d’accordo nel ritenere che Luca e Marirosa sono morti folgorati da una stufetta trovata accesa all’interno del bagno. Dunque nessuna autopsia per chiarire le cause della morte. Solo un’ispezione cadaverica (…)

E’ stato il caldobagno, no una presa elettrica.

Ad un anno di distanza la stufetta elettrica viene assolta dalla relazione tecnica del Ctu del pm. Viene esclusa la relazione causale tra caldobagno e decesso. La perizia affidata dal tribunale all’ingegnere Sante Valecce va in tutt’altra direzione: morte per elettrocuzione in bassa tensione generata dal contatto con una placca metallica posizionata sulla parete d’incasso della vasca. (…) Verosimilmente la ragazza, in piedi nella vasca, ha urtato la placca con una parte del corpo bagnata. Il ragazzo che era fuori dalla vasca, al contatto con Marirosa rimane folgorato anche lui. E il caso è un’altra volta chiuso.

I genitori dei ragazzi chiedono la riapertura delle indagini

Nel 1994 le famiglie dei due ragazzi chiedono la riapertura delle indagini. Nell’ottobre dell’anno successivo il pm della Procura di Matera, Vincenzo Autera, chiede una perizia tecnico scientifica. Il gip del Tribunale materano da’ incarico all’anatomopatologo Gianfranco Umani Ronchi di effettuare una perizia sulla base di quanto riportato nel fascicolo delle indagini preliminari sulla morte di Luca e Marirosa. Le cui salme, nel 1996, vengono riesumate e sottoposte ad autopsia.

Indagini frettolose e superficiali

Nella sua relazione conclusiva, il professore Giancarlo Umani Ronchi evidenzia che le indagini sono state frettolose e condotte con superficialità. Poi entra nel merito sostenendo che, sulla base delle analisi condotte “non si può escludere che i due siano stati oggetto di aggressione mediante mezzi contusivi”.

Tesi avvalorata dalla ferita alla nuca di Marirosa e dalle macchie rossastre che la ragazza ha sul volto e sul collo.

Non si esclude l’annegamento

Umani Ronchi non esclude altresì l’ipotesi di annegamento. Ciò si spiegherebbe con la presenza del fungo schiumoso che entrambi i ragazzi presentavano alla bocca. E dalla presenza di acqua sul pavimento come riferito dalla madre di Marirosa, dal padre di Luca, dai carabinieri e dai primi testimoni giunti sul posto. Non si esclude poi, nella perizia in oggetto, che si sia trattato di omicidio-suicidio.

Accanto ai dati meramente medico-legali, nella perizia di Umani Ronchi si inserisce quella tecnica. Gli ingegneri Fedele e Mastrantonio diranno che dall’esame fatto la caldaia risultava installata a norma e che nessuno dei presenti in bagno dopo il fatto sentì odore di gas o fumi.

Luca fu coperto, Marirosa fu lasciata nuda

Ozrem Carella Prada, medico legale e docente alla Facoltà di Medicina della Sapienza, nel 1995, si occupa della perizia di parte, incaricato dalla famiglia Orioli. Ritiene condivisibile la perizia Umani Rochi sulla inattendibilità della scena del fatto, con particolare riferimento alla posizione dei cadaveri. Reputa innaturale la presenza di jeans sui genitali di Luca (che secondo una prima testimonianza della madre di Marirosa sarebbero stati posti dalla donna stessa, salvo pi dire che non ricordava chi avesse messo i jeans). E strano che ci si sia preoccupati di coprire Luca e lasciare nuda Marirosa, il cui corpo si presentava in una situazione ben più imbarazzante. A non convincere il docente romano, c’è poi la mancanza di macchie di sangue pur presentando Marirosa una ferita alla nuca. (…) C’è poi quella schiuma bianca alla bocca dei due ragazzi, che con i genitali gonfi di Luca e la ferita alla nuca di Marirosa resta, come riportato nella relazione medico legale in questione, un punto fermo per concludere che ci sia stata un’azione delittuosa. “Del resto- afferma Carella Prada- non ci sono elementi medico-legali che possano escludere un’ipotesi di annegamento. (…)

Altri periti, altra causa di morte

Questa volta, e siamo nel 1997, si capovolge ancora una volta il quadro. L’ingegnere Lattarulo e il dottor Sansotta, concordano, nella loro perizia, affidatagli dal tribunale, sulla morte per elettrocuzione. La perizia ritiene poco probabile quel che ha affermato in precedenza l’ingengnere Sante Valecce, e cioè l’ipotesi che la folgorazione si fosse generata da una placca metallica sulla parete prospiciente la vasca. L’ipotesi prospettata da Lattarulo e sostenuta dal medico legale Sansotta è ben più complessa. Si parla infatti di “elettrocuzione accidentalmente e concomitatamente istauratasi per contatto indiretto e secondo una disposizione in serie delle due vittime”. Ma lo stesso medico legale, il dottor Sansotta, scriverà nella relazione conclusiva che la risposta al quesito posto dalla Procura sulle cause della morte dei due ragazzi è da intendersi come ampiamente approssimativa.

Se non sono morti folgorati, allora è stato il monossido”

Delle due l’una. Luigi Strada, incaricato dalla Procura di procedere a perizia dispone un sopralluogo in casa Andreotta il 4 marzo del 1995. Un sopralluogo, aggiungiamo noi, forse inutile. Nell’abitazione, ed in particolare in bagno, sono state apportate alcune modifiche. Sostanziali. Al posto della vasca è stata messa una doccia. La caldaia a metano è stata spostata in cucina. Risulta rimosso anche l’interruttore ricoperto da placca metallica, oggetto di indagine da parte dell’ingegnere Sante Valecce e indicato tra le possibili cause di morte. Strada esclude che Luca e Marirosa siano morti per elettrocuzione e lo fa sulla base di due considerazioni. La prima, che in casa, quella notte, non v’è stata interruzione di corrente. Le testimonianze in tal senso parlano chiaro. (…) Scartata dunque l’elettrocuzione, si legge nella perizia del prof. Strada, “non resta altro che l’avvelenamento da monossido di carbonio, causato dal cattivo funzionamento della caldaia a metano e da successivo annegamento per la ragazza, che priva di coscienza cadeva nella vasca piena d’acqua”.

I corpi furono spostati?

Facciamo un passo indietro. Nell’istanza di riapertura delle indagini, presentata nel 93, dai familiari dei due 21enni colpiscono le dichiarazioni della signora Giannotti. La madre di Marirosa dice di aver trovato la porta del bagno aperta. Dice ancora che Luca era a terra in posizione parallela alla vasca, aveva le braccia parallele al corpo, le mani erano con i palmi rivolti verso l’alto. La donna riferisce che le sembrò innaturale la posizione del ragazzo, che ebbe l’impressione che fosse stato trascinato. Notò infatti che aveva le spalle sollevate verso il collo. Ed ancora la madre di Marirosa disse che Luca presentava un gonfiore innaturale ai testicoli e che il suo corpo era a diretto contatto con il pavimento. Dice inoltre che mentre si recò al telefono per chiamare aiuto notò delle orme sul pavimento del corridoio “come se qualcuno si fosse allontanato dal bagno con le scarpe bagnate”. (…) Ma dalle foto allegate al fascicolo, da noi visionate ma non pubblicate, la scena del fatto appare diversa da come la raccontò la Giannotti. Luca è a terra, adagiato su due asciugamani. Il suo corpo è in posizione obliqua rispetto alla vasca. Le sue braccia sono piegate sullo stomaco, pugni chiusi. Il pavimento è asciutto. Il jeans che ricopre i genitali del ragazzo è asciutto. Particolare da non trascurare se si considera il fatto che gli abiti consegnati poi alla famiglia di Luca erano bagnati. Compreso il jeans.

Quella sera ho visto cose diverse da quelle mostratemi in foto

Laura Paltrinieri è la persona che quella notte, arrivò per prima in casa Andreotta. La chiamò la signora Giannotti. La Paltrinieri, nelle sue dichiarazioni messe a verbale, ha confermato che Luca era a terra, parallelo alla vasca, aveva le braccia distese lungo il corpo; aveva i genitali coperti e sotto il suo corpo non c’era niente. “Sono certa- ha dichiarato quando è stata sentita-che il corpo di Luca sia stato spostato, perché le foto mostratemi non corrispondono a quello che vidi quella notte”. (…)

Il medico che effettuò l’esame cadaverico: Spostai appena il lenzuolo che avvolgeva i corpi

Nel 1996, la dottoressa Rosa Salinardi, incaricata all’epoca dei fatti dell’esame esterno dei cadaveri, sentita dagli inquirenti in occasione della riapertura delle indagini ammetterà d’essere stata superficiale. “Non rimossi completamente il lenzuolo. I cadaveri non li ho scoperti del tutto, quindi non sono in grado di dire se i corpi dei due giovani presentassero lesioni più o meno evidenti.

23 anni di contraddizioni. Ultimo atto: monossido killer

L’ultimo atto di una storia piena di anomalie e contraddizioni è di pochi mesi fa. Francesco Introna, anatomopatologo dell’Istituto di Medicina legale di Bari, consegna la sua perizia, affidatagli dal Tribunale di Matera nel mese di dicembre 2010. Pochi giorni prima di Natale i cadaveri di Luca e Marirosa vengono riesumati e trasferiti a Bari dove Introna e il suo team li hanno sottoposti ad autopsia. Sei mesi di indagini e analisi e poi il responso. Luca e Marirosa sono morti perchè soffocati dal monossido di carbonio fuoriscito dallo scalda bagno a metano che si trovava, all’epoca dei fatti, nel bagno di casa Andreotta.

La scomparsa degli organi interni dei due ragazzi

Nonostante le condizioni dei cadaveri di Luca e Marirosa il team di Introna, con tecniche sofisticate, procede all’autopsia. Nello specifico la ricerca di monossido di carbonio viene effettuata con il cloruro di palladio. Metodo usato per cadaveri in decomposizione avanzata. Questa tecnica, che può essere effettuata su sangue ove presente, nel caso specifico è stata effettuata su muscolo femorale. In Luca è stato riscontrato un livello di monossido pari a 0.072 grammi per cento grammi di tessuto muscolare, tale da giustificarne, per Introna, la morte da intossicazione. E per Marirosa? Leggermente diverse le risultanze per via delle condizioni, peggiori, in cui si trovava il cadavere. Nella ragazza è stato riscontrata una quantità modesta di Co2, pari allo 0.06gr per cento. Manca però una cosa. Nessuno sa spiegare che fine abbiano fatto gli organi interni dei due giovani. L’unico, prima di Introna, ad analizzarli è stato il prof. Umani Rochi, il quale afferma, di averli riposti nelle bare. E allora?

La mamma di Luca, però non si arrende.

Olimpia Fuina, madre di Luca Orioli, è sempre stata convinta che suo figlio sia stato ucciso. E’ grazie alla sua determinazione che, la richiesta di archiviazione presentata nel luglio 2010 non è stata accolta. Ne è seguita la riesumazione, il 17 dicembre 2010 delle salme. E poi il loro affidamento all’anatomo patologo Francesco Introna. Che ha redatto l’ultima perizia di cui vi abbiamo dato, se pure, sommariamente conto. Contro le risultanze della perizia dell’esperto barese, la ricostruzione di una esperta di crimini irrisolti. La criminologa Roberta Bruzzone, specializzata nei cosiddetti cold case, casi a pista fredda, sostiene come causa di morte quella omicidiaria.