Segni e marchi dei lapicidi

30 settembre 2011 | 15:50
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Segni e marchi dei lapicidi
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Segni e marchi dei lapicidi
Segni e marchi dei lapicidi
Segni e marchi dei lapicidi
Segni e marchi dei lapicidi

Cosa si nasconde dietro gli intonaci di numerosi grandi complessi architettonici?

Il mestiere del lapicida. Gli ultimi rimasti sono comunemente ricordati come gli scalpellini, ma il loro mestiere oggi si limita sostanzialmente al restauro o al rifacimento di storiche strutture in pietra, come antiche piazze, monumenti o parti di abitazioni (es. stipiti di porte o finestre). La loro attività è invece tecnicamente conosciuta come quella dei lapicidi (dal latino lapis = pietra più caedo = tagliare) o più semplicemente dei tagliapietre. Il mestiere del lapicida o tagliapietre esiste dall’inizio della civiltà, da quando l’uomo ha cominciato a costruire solide strutture in pietra, apprendendone i segreti della lavorazione, piuttosto che deperibili capanne in legno. Potrebbe esser facile oggi ammirare il Colosseo, il Duomo di Milano, il Maschio Angioino di Napoli o i templi greci di Segesta e Selinunte, ancor più semplice è forse dire che i romani o i greci siano stati dei grandi costruttori. Sicuramente più difficile è menzionare l’architetto o il mecenate che ha commissionato una determinata opera; ma stilato il progetto, chi lavorò realmente in quei durissimi cantieri da costruzione?

La problematica dei lavoratori. Prima di passare alla discussione storica, sarebbe forse giusto aprire una piccola parentesi e ricordare che una delle più grandi e tristi problematiche della nostra bellissima nazione, sono le cosiddette “morti bianche”, ovvero i decessi o anche i gravi infortuni sul lavoro. Non è questa una trattazione specifica su questo serissimo problema, ma il fatto che nella storia delle grandi e piccole opere architettoniche quasi sempre siano rimasti solo i nomi di pochi grandi uomini e o di “mitici” popoli, al cospetto invece di milioni di schiavi lavoratori, deve farci riflettere su quanto un certo tipo di cultura fondata solo sulle gesta di grandi uomini o popoli non ci abbia fatto spesso considerare adeguatamente il problema dei tanti lavoratori operai che lavorarono in quei duri cantieri.

L’organizzazione dei tagliapietre. Tornando alla nostra analisi, nel corso della storia, per diversissime esigenze, i lapicidi hanno imparato ad organizzarsi e a lavorare in gruppo fino ad ottenere i grandi risultati che oggi con stupore ammiriamo, e a cui spesso diamo dei meriti poco certi, indefiniti e soprattutto considerando poco adeguatamente l’importanza del lavoro di squadra delle maestranze, fondamentale per la corretta e riuscita ed esecuzione di ogni importante impresa costruttiva monumentale. Non è infatti, possibile immaginare alcuno grandioso monumento in pietra che non abbia richiesto il fine lavoro di esperti tagliapietre, in grado di modellare e forgiare volta per volta i conci rispondenti alle misure prestabilite e a tutte le eventuali e complesse situazioni che si presentavano in corso d’opera. Data la loro importanza, nel medioevo i tagliapietre, arrivarono addirittura a rappresentare una delle più importanti categorie sociali.

Storia nella storia. Durante i secoli bui infatti, questi erano soliti riunirsi in grosse corporazioni finalizzate principalmente ad una pratica organizzativa di cantiere e non a scopi sociali volti ad acquisizioni dei diritti dei lavoratori e dei loro bisogni, come si potrebbe erroneamente pensare. Queste compagnie di lapicidi venivano adoperate come maestranze itineranti (i loro continui spostamenti, sono infatti ampiamente documentati in tutta Europa soprattutto per il periodo medioevale) al servizio del re o sovrano “illuminato” di turno, e la nostra memoria storica ha di conseguenza quasi sempre privilegiato l’attività di committenza o quella dell’architetto/ingegnere esecutore del progetto e non quella del gruppo di lavoratori sui cantieri. In seguito ad una serie di studi, indagini e analisi diagnostiche, volte al restauro e al recupero architettonico di grandi complessi architettonici, sta finalmente venendo alla luce la vicenda dei lapicidi, ovvero un’interessantissima storia nella storia, costituita da codici, segni e marchi incisi sulle pietre, che purtroppo non sempre siamo in grado di decifrare subito, ed in cui molti hanno voluto e vogliono vedere concezioni o astrusi saperi astronomici. Bisogna invece razionalmente considerare che spesso questi segni ritrovati sui blocchi di pietre (come ad esempio asce, lettere e vari simboli astratti) sono generalmente indicazioni concernenti l’organizzazione pratica e o economica dei cantieri da costruzione. Questi segni ritrovati, infatti, possono ad esempio suggerire il lapicida che ha apposto il suo marchio sul blocco di pietra squadrata (concio), a identificazione di se stesso e del suo lavoro per il relativo pagamento (oggi noto come pagamento “a cottimo”) , altre volte indicano la cava di provenienza dei blocchi o il punto della muratura in cui dovevano esser collocati determinati conci; insomma quasi sempre hanno avuto un’indicazione pratica e specifica relativa al lavoro del cantiere in corso.

Studi e ricerche. Lo studio scientifico e sistematico di questi segni è relativamente recente; ricerche e analisi sistematiche risalgono solo alla fine dell’ottocento in Gran Bretagna, cui nel secolo successivo segue il resto d’Europa, ma in entrambi i casi si è analizzato principalmente il medioevo, periodo in cui i segni sono sicuramente molto presenti. La nostra favolosa penisola, inspiegabilmente, data la ricchezza unica al mondo di importanti opere monumentali architettoniche, si è affacciata solo di recente al problema, ma va segnalato già con buoni risultati. Un esempio è lo studio condotto Walter Zoric nel 1989 sul Duomo di Cefalù in Sicilia, in cui l’autore è riuscito a spiegare piuttosto chiaramente la problematica emersa dai numerosi segni ritrovati sotto l’intonaco in seguito a dei lavori di restauro. È stato ipotizzato che il ritardo delle ricerche in Italia è stato determinato da un minor uso della pratica di marchiatura dei conci sui monumenti presenti lungo lo stivale, ma numerosissimi ritrovamenti di segni testimoniano il contrario.

Una piccola grande regione e auspici per il futuro. In Basilicata ad esempio sono stati ritrovati numerosi marchi dei lapicidi medievali sulla notissima abbazia Incompiuta di Venosa, segni antichi sono invece presenti su conci dell’importantissimo e interessantissimo parco archeologico di Metaponto, e tanti altri si celano sicuramente nascosti sotto gli intonaci di castelli, ville, palazzi o altri affascinare monumenti di questa piccola grande regione. Riguardo ancora agli studi, importanti per capire non solo le esperienze costruttive delle grandi opere architettoniche ma anche l’evoluzione delle esigenze e dei bisogni dei lavoratori nei cantieri, ancor oggi purtroppo, non esistono trattazioni specifiche e sistematiche nelle analisi dei monumenti studiati e analizzati, e spesso si trovano solo paragrafi o capitoli, in volumi o di più ampio respiro, sul lavoro di cantiere dei lapicidi, il che circoscrive ed ha spesso limitato la reale conoscenza di importanti monumenti. Siamo però certi che l’evidente importanza e utilità dei segni ritrovati aumenterà ulteriormente il desiderio di studio e conoscenza dei nostri splendidi monumenti, renderà omaggio e giusta “gloria” agli esecutori manuali delle grandi opere architettoniche del passato e sensibilizzerà adeguatamente sul problema dei lavoratori nei cantieri edili.