Metapontino sotto tiro. La criminalità cerca il consenso sociale

18 settembre 2011 | 08:44
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Metapontino sotto tiro. La criminalità cerca il consenso sociale

La lunga catena di attentati nell’area della fascia jonica materana, negli ultimi diciotto mesi, fa pensare ad un  riassestamento definitivo della criminalità organizzata nel territorio. Si sono affacciati nuovi clan, direttamente legati alla malavita calabrese del cosentino, in breve alla ndrangheta. Non sono delinquentucci di scarto, ma gente  che pensa e che risponde ad una precisa strategia: conquistare il consenso. Ho letto di tutto e di più in questi mesi
sulla stampa. In risposta agli attentati del Metapontino, di Scanzano, di Policoro, di Montalbano, ho assistito a dichiarazioni pietose di alcuni politici. Ho ascoltato le dichiarazione del sottosegretario agli interni Mantovano, secondo il quale in tre mesi il racket è sconfitto. In molti si comportano come chi guarda senza vedere.
La situazione è grave
La situazione in quell’area ha superato il limite dell’emergenza sociale. Se questo non è chiaro, allora non serve alcuna azione di contrasto o di prevenzione. Le proposte del Comitato antiusura, per esempio, seppure degne di rispetto, sono una goccia nel mare. La criminalità sta facendo una guerra di movimento, proprio perché punta al consenso sociale.  Le istituzioni provano a fare una guerra di posizione, sbagliando. In questo modo si rischia una Caporetto. Così come
il Generale Cadorna sull’Isonzo, gli alti gradi della Regione, il personale politico schierato sui territori, continuano  a sottovalutare fenomeni gravissimi e pericolosi. Che non si risolvono con l’impegno esclusivo delle forze dell’Ordine e della Magistratura le quali fanno senza dubbio il loro dovere. Ma con ben altri mezzi, politici, che purtroppo hanno  tempi lunghi di produzione dei risultati. 
Crisi e disperazione
Bisogna distinguere l’emergenza, quella vera, cioè che dura il tempo dell’urgenza, dalle azioni di lungo respiro, quelle  sostanziali che risolvono se non radicalmente quasi completamente i problemi. Una situazione già di per se critica sul  piano dei fenomeni malavitosi, come quella della fascia jonica, può fornire decisivi vantaggi alle organizzazioni criminali quando entrano in campo fattori ulteriori di rischio: crisi, disperazione, risorse pubbliche. Si sviluppa un senso diffuso di sfiducia nelle istituzioni, e il gioco è fatto.  Crisi e disperazione sono il canale privilegiato di chi intende sottomettere gli imprenditori agricoli e del turismo all’ordine ndraghetista. 

Il meccanismo criminale
Il meccansimo è semplice. Lo spiego in corsivo e in prima persona, per semplificare. Tu hai un  problema, io te lo risolvo.  Hai perso i trattori, il capannone, il raccolto, hai bisogno di soldi. Vai dall’usuraio. L’usuraio ti chiede il 300%, Tu non sai come restituirli. Arrivano loro e ti risolvono il problema. Ti danno i soldi da dare all’usuraio, meno di quanto pattuito, e impongono all’usuraio di accettare quella cifra. Ti hanno aiutato. Ma  ancora non sai che i veri  usurai sono quelli che ti hanno risolto il problema. Domani chiederanno il 500%, ma il loro obiettivo è la tua azienda non i soldi che non hai. Vogliono il consenso, vogliono sostituirsi alla politica, quella politica che quando l’acquedotto  ritarda ad installarti il contatore a casa o nell’azienda, ti risolve il problema intercedendo presso tizio o caio.
 Stanno creando un sistema per cui, se un’azienda venuta dal nord ti fa concorrenza, loro ci mettono la bomba. L’imprenditore del posto è salvo, magari ha un concorrente in meno, ma ha un protettore potente. Tu adesso sai a chi rivolgerti per qualsiasi problema.  Prima andavi dal politico locale di riferimento  per una pratica inevasa, per una domanda di contributo, per qualsiasi cosa. Adesso vai da loro. E sono loro prima o poi  che utilizzano i politici per risolvere il tuo problema.
Il danno è fatto: si sono messi in mezzo tra te e la politica.  Dio non voglia che un giorno la politica per avere il consenso della gente debba rivolgersi a chi il consenso lo governa con la violenza, e cioè loro, gli ndranghetisti. E allora. Se non si capisce questo, tutto è perduto. Ad una campagna di  penetrazione sociale della criminalità organizzata bisogna dare risposte politiche.

(pubblicato sul n. 4 del 17 settembre di Basilicata24 Il giornale d’inchiesta, in edicola ogni sabato)