La paura non deve prevalere
In tutto il Paese stiamo intercettando un senso di sfiducia generalizzato da parte di testimoni e collaboratori di giustizia. E la Basilicata non fa eccezione. Percepiamo che la sfiducia non è nei confronti delle attività investigative o di magistrati e forze dell’ordine che fanno bene il loro lavoro, ma verso una politica che garantisce sempre meno sia i testimoni che i collaboratori di giustizia. Si investe sempre meno per la tutela di chi collabora con le indagini e questo favorisce il senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni.
Sono due, in questo momento, i casi estremi che raccontano questo senso di incertezza: il caso del collaboratore Spatuzza e quello della donna di 31 anni che in Calabria ha denunciato elementi della ndrangheta. Quella donna, madre di tre bambini, è morta dopo aver ingerito acido muriatico. Suicidio indotto lo chiamano. E’ morta nel silenzio delle sue quattro mura e in quello “assordante” dei mass media.
E’ vero che quando chiediamo ai cittadini, vittime o testimoni, di denunciare, riscontriamo un senso di omertà, ma è anche vero che ci sarebbe tanta gente disposta a metterci la faccia e non lo fa perchè non si sente sufficientemente tutelata nella fase del processo.
Inoltre in Italia non si respira un senso di certezza della pena e anche questo influisce sulla decisione di non parlare.
L’impressione è che non si vogliano avere, nella lotta alla mafia, questi occhi (i testimoni) e queste orecchie (i collaboratori), che sono fondamentali per le indagini e la giustizia.
Capiamo il senso di timore e di paura che possa vivere in questi giorni l’imprenditore di Venosa, dovuto sia al violento atto che ha subito ma anche al fatto che non si sente sufficientemente tutelato. Lo comprendiamo.
Tuttavia rinnoviamo l’invito a parlare e a denuciare, perchè è con la collaborazione dei cittadini che si combattono le mafie. Capiamo il senso di paura se pensiamo all’episodio di Venosa e a quello che accade nel Metapontino. Nella nostra regione diversi “416 bis” sono usciti dal carcere e sono tornati liberi. Ma non possiamo permettere che il potere mafioso approfitti di questo senso di sfiducia. Ecco perchè chiediamo alla società civile di collaborare con le forze inquirenti e alle istituzioni di assumersi maggiori garanzie per chi si espone. Se da un lato magistrati e forze dell’ordine lavorano bene, dall’altro lato c’è una politica che non dà garanzie. Chi ha responsabilità in tal senso deve far sentire forte la sua presenza vicino all’imprenditore di Venosa.
Noi ci siamo, sia come Libera che come Fondazione antiusura a Potenza. E come ha già fatto Libera in Piemonte, siamo pronti a organizzare scorte di società civile: siamo disposti a sostenerlo sia fuori che dentro le aule del Tribunale.
Solidarietà e comprensione per l’imprenditore ma anche invito a parlare e sostegno concreto.
Collaborazione dei cittadini e sostegno delle istituzioni: non ci sono altri modi per sconfiggere la criminalità.
Coordinamento Libera Basilicata
tel 0971 44 15 49
basilicata@libera.it