Intossicati all’Elbe Sud: non si può far finta di niente

27 settembre 2011 | 18:03
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Intossicati all’Elbe Sud: non si può far finta di niente

Ho appena ricevuto risposta in Consiglio Regionale, una interrogazione sulla questione ambiente, inquinamento e monitoraggio. Partendo dall’infausto evento risalente al mese di aprile scorso dell’intossicazione di venti operai, impiegati nell’Elbe Sud, fabbrica adiacente al Centro olio di Viggiano, probabilmente dovute all’ennesima fuga di gas, chiedevo all’Assessore all’Ambiente se nell’area petrolifera sia tutto sotto controllo o ci troviamo di fronte a “un altro caso Fenice” e quali azioni sono state messe in campo per evitare che tali episodi si possano ripetere.

Negli ultimi dieci anni la Regione Basilicata si è affidata solo all’Eni spa per il monitoraggio ambientale nelle zone dove si effettuano le perforazioni, la stessa Eni spa gestore dell’impianto denominato ‘Centro Oli Val d’Agri’ di Viggiano (Pz), ha installato una centralina per il monitoraggio della qualità dell’ aria in località ‘Masseria Puzzolente’ del Comune di Viaggiano, svolgendo dunque il ruolo di controllore e controllato. Così dopo l’incidente, come confermato oggi, la stessa ENI si affretta a smentire, con puntualità cronometrica, in modo categorico anomalie nei valori misurati di gas presso il Centro Oli di Viggiano.

A sentire le relazioni dell’Assessore all’Ambiente è tutto sotto controllo, i dati delle centraline dell’ARPAB e dell’AGROBIOS e di quelli delle fantomatiche stazioni di rilevamento della stessa ENI, sono sempre state, nei giorni precedenti e successivi alla data dell’incidente il 5 aprile 2011, perfettamente nella norma, non rilevando l’immissione in aria per valori oltre i limiti stabiliti del famoso idrogeno solforato (H2S), il sotto-prodotto principale dell’opera di idro-desulfurizzazione del petrolio che da noi in Basilicata viene monitorato saltuariamente e che può avere effetti devastanti sulla salute. L’ H2S ad alte concentrazioni è un vero e proprio veleno, a basse dosi può causare disturbi neurologici, respiratori, motori, cardiaci e potrebbe essere collegato ad una maggiore ricorrenza di aborti spontanei nelle donne.

Ricordando che la vicenda, di che trattasi, continua Mollica,coinvolge dei lavoratori per i quali è scattato il codice verde presso il Presidio Ospedaliero di Villa d’Agri è utile rilevare incongruenze nelle risposte udite oggi:

logica è la risposta di ENI cioè dell’oste il quale di certo deve dire che il “suo vino è buono”;

meno logica è quella dell’ARPAB che cerca di attribuire la responsabilità alle diverse condizioni atmosferiche, nell’area in quei giorni imperversava pioggia e vento, che hanno trasportato gli odori molesti;

il dato è che l’avvelenamento c’è stato e quindi o il ricovero di quei 20 operai presso il Presidio Ospedaliero di Villa d’Agri è stato uno sbagliato errore medico o quelle stesse persone si stavano preparando a perdere il lavoro e stavano inscenando una farsa.

Non resta che ricordare a chi ha la responsabilità che ora di smetterla di “fare la parte” e che i lucani non possono continuare a vivere con la spada di Damocle sulla testa, né tanto meno possiamo lasciar fare ai nuovi colonizzatori quello che più vogliono non solo non ponendo freno al prelievo indiscriminato delle nostre risorse ma lasciando pure che ci avvelenino.

Francesco Mollica Mpa