Don Cozzi non diffamò Cannizzaro

26 settembre 2011 | 15:47
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Don Cozzi non diffamò Cannizzaro

A stabilirlo è una sentenza del giudice chiamato a decidere su una citazione che l’ex direttore dell’ospedale San Carlo di Potenza e marito del magistrato Felicia Genovese, aveva inoltrato nei confronti del sacerdote

Don Cozzi, in alcuni articoli di giornale, aveva posto dei dubbi e sottolineato alcune “stranezze” che vedevano come protagonista il dottor Cannizzaro che, sentitosi diffamato, aveva chiesto i danni al referente dell’associazione Libera in Basilicata                                                                          

La sentenza. Scrive il giudice nella sentenza: “Stando al tenore dell’articolo la condotta astrattamente diffamatoria del Cozzi potrebbe essere scriminata, oltre che dal diritto di cronaca, anche dal diritto di critica: invero, il sacerdote nella sua veste di leader dell’Associazione Libera, propone una personale ricostruzione dei collegamenti che sussisterebbero tra alcuni delitti rimasti irrisolti nella Regione Basilicata. Ne deriva che in tale ottica un linguaggio particolarmente suggestivo e pungente potrebbe giustificarsi ed escludere la sussistenza dell’illecito diffamatorio”.                                            

Don Marcello Cozzi ha accolto con soddisfazione la sentenza. “Sono soddisfatto – ha dichiarato – perchè un Tribunale ha riconosciuto il diritto di un cittadino a raccontare i fatti che accadono perchè nel nostro Paese, l’unico modo per ricostruire parti di verità, è quello di raccontare i fatti”.               Continua il giudice nella motivazione della sua decisione: “L’autore richiama alla memoria del lettore fatti risalenti nel tempo (i collegamenti del Cannizzaro con la vicenda Gianfredi e con la malavita calabrese), ma lo fa fornendo a chi legge una interpretazione dei fatti assolutamente personale: infatti il Cozzi precisa che alcun riscontro alle dichiarazioni di Cappiello è stato trovato in sede giudiziaria e che i fatti riguardanti il Cannizzaro non sono stati considerati reato; tuttavia nell’ambito di una lecita (se pur contraddistinta da tonalità forti e talora suggestive) manifestazione della propria opinione (di interesse pubblico in ragione dell’importante ruolo ricoperto), il sacerdote lascia intuire che nelle diverse vicende permangono delle stranezze, ponendo dei dubbi – se non in ordine alle liceità della condotta del Cannizzaro – sulla relativa moralità (“restano le perplessità su quali rapporti abbia il marito di una magistrato antimafia”). È bene evidenziare, peraltro, che all’epoca della pubblicazione dell’articolo (apparso su Micromega nel giugno 2007 e sul Quotidiano nel marzo 2008) la vicenda di Elisa Claps è ancora attuale, le indagini sono in corso ed a Catanzaro c’è l’inchiesta della quale dà conto lo stesso Cozzi, per accertare, tra l’altro, se il Cannizzaro condizionò le (mancate) iniziative giudiziarie della moglie anche nel caso Claps, sicché, se è vero che il riferimento alla vicenda dell’omicidio Gianfredi, alle dichiarazioni del Cappiello ed al pranzo presso la villa del Cannizzaro con gli ‘ndranghetisti sono assolutamente privi di quella attualità della notizia necessaria per reputare rispettato il diritto di cronaca, nondimeno appaiono giustificati nel contesto della critica, anche e soprattutto sociale, posta in essere dal Cozzi nelle sue peculiari vesti di portavoce di un’Associazione che fa della lotta alla criminalità organizzata il proprio scopo. Ne consegue una valutazione di sostanziale liceità dell’operato del Cozzi nella pubblicazione dell’articolo del 15 marzo 2008”.