Cassaintegrati e licenziati alla riscossa

6 settembre 2011 | 13:54
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Cassaintegrati e licenziati alla riscossa
Cassaintegrati e licenziati alla riscossa
Cassaintegrati e licenziati alla riscossa
Cassaintegrati e licenziati alla riscossa

“Meno tasse ai lavoratori, la galera agli evasori”, questo lo slogan che capeggia lungo il corteo dello sciopero generale della Cgil per le vie del capoluogo

Il corteo. Dalle ore 9, partenza da S. Rocco, fino a piazza Matteotti per gli interventi. Gli organizzatori hanno stimato un 70% di adesione a livello regionale. Circa venti i  pullman arrivati dalla provincia di Potenza. Presenti al corteo circa 1000 persone. Tra gli interventi: il Segretario regionale Cgil, Antonio Pepe, quello provinciale Nicola Allegretti, il rappresentante nazionale Nicoletta Grotti e vari rappresentanti sindacali delle aziende lucane in crisi, tra cui la Cutolo e la Ciccolella. Tema principale degli intervenuti: la caduta delle tutele dell’art.18 (licenziamento senza giusta causa) e le migliaia di licenziati o cassa integrati sempre in aumento.

Una manovra più equa. Il movente fondamentale dei partecipanti sembra la proporzionalità della tassazione e l’introduzione di una patrimoniale: “Sono qui perché mi sono rotta le scatole di farmi passare tutto sulla testa- dice Felicia del Csv- Voglio una manovra più equa e soprattutto più solidale con chi le tasse le ha sempre pagate”. La stessa voce ha Michele della Firema di Tito: “I lavoratori non devono pagare il debito pubblico, perché, pur non avendolo creato, lo abbiamo sempre pagato noi. Non si può fare una manovra economica che abbatte totalmente i diritti dei lavoratori. La nostra azienda- continua l’operaio della Firema- è commissariata per “abusi” del proprietario e, dei 100 occupati, 24 sono già fuori. Ora dovremmo subire ancora?”.

La più incazzata di tutti è un’operaia della Lucania Metalli, azienda che si occupa di raccolta differenziata. La sua società ha chiuso e i 45 addetti, dopo 2 anni di cassa integrazione, sono stati licenziati tutti a causa della crisi. Il vero motivo, secondo la lavoratrice della Lucania Metalli, è da attribuire alla convenienza sulla manodopera da parte della propietà, che preferirebbe quella cinese disponibile a Teramo a quella lucana. “Dopo 5 anni di attività, garantita dai fondi della Regione Basilicata- dice la donna- la famiglia Di Giacinto ha deciso di tornare a Teramo e di non farci arrivare più i materiali, così ora che ci dovrebbero pagare di tasca propria vanno via, lasciandoci per strada”.