Il Pnrr in Basilicata gestito male: quei miliardi per fare cosa?

6 settembre 2024 | 13:34
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Il Pnrr in Basilicata gestito male: quei miliardi per fare cosa?
Un incontro tra Bardi e i sindaci sul Pnrr

Siamo in un campo da cento pertiche dove si innaffia con la stessa intensità le patate e i pomodori con il rischio di far marcire il tubero e far seccare l’ortaggio

Quando nostro figlio ci chiede dei soldi rispondiamo: che ci devi fare? La stessa domanda che ci rivolge la banca se chiediamo un mutuo o un prestito. Si parte sempre da una esigenza, una necessità e poiché le risorse non sono mai infinite le necessità vanno sempre messe in ordine di priorità. Questo nella vita corrente. Nella gestione dei contributi e dei finanziamenti pubblici le cose non funzionano così.

Il PNRR si sviluppa intorno a tre obiettivi strategici uguali in tutta Europa: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale. Da questi derivano 7 missioni articolate in 16 componenti o temi. Gli obiettivi dichiarati sono più che nobili ma siamo sicuri che possano essere perseguiti attraverso le stesse articolazioni di Missione in tutti i paesi europei?

Quello che intendo dire è che prima di definire quali siano le linee per cui si finanziano i progetti sarebbe opportuno definire prima quali siano i nodi che limitano lo sviluppo di un paese, o di un’area geografica, poi definire le priorità di intervento e poi stabilire le linee di finanziamento. Altrimenti siamo in un campo da cento pertiche dove si innaffia con la stessa intensità le patate e i pomodori con rischio di far marcire il tubero e far seccare l’ortaggio.

Detto ciò pensiamo a quali siano i limiti per lo sviluppo dell’Italia, del Mezzogiorno o della Basilicata e poi verifichiamo se le misure del PNRR siano utili per rimuoverli e superarli. Con quest’ottica mi accingo a leggere con curiosità il report del I semestre 2024 prodotto dalla Regione Basilicata. Per farlo faccio per prima cosa mente locale su quali siano le necessità prioritarie della regione, ovviamente secondo il mio punto di vista più volte espresso.

Il primo tema è lo spopolamento. Qui occorre essere chiari. Lo spopolamento non si combatte solo con il PIL o con le opportunità occupazionali. Per trattenere i giovani, in specie quelli più ambiziosi e dinamici, occorre dare anche stimoli che solo una società aperta e intellettualmente vivace può garantire. La società lucana è una società fondamentalmente patriarcale, gerarchizzata e dove vige ancora il familismo amorale. Se si parla con i genitori dei ventenni attuali sono essi stessi che auspicano per i figli un futuro ‘altrove’, dove non si deve chiedere la raccomandazione al potente di turno. E, paradossalmente, sono gli stessi genitori che votano per i cacicchi locali prigionieri della trappola del bisogno o della ambizione personale che scaricano le proprie frustrazioni sui figli che spingono a cercare un futuro più dignitoso fuori regione. Insomma cari genitori lucani siete voi con le vostre scelte a non volere i vostri figli in Basilicata, ma due più due ancora non riuscite a farlo! Come si rimedia a questo? Occorrono dei forti innesti dall’esterno. Cosa che può essere fatta con Agenzie Governative o Europee, centri di ricerca, focalizzazione su una o due discipline di eccellenza universitarie in grado di attrarre scambi e competenze. Insomma degli hot spot di cambiamento culturale e di libero e autorevole pensiero. Purtroppo la politica europea e nazionale non riconosce alcun valore di sviluppo alle agenzie e finisce per collocarle sempre in modo che‘piova sul bagnato’ e il potere locale non ha sufficiente visione e interesse per immaginare dei punti di libertà di pensiero.

Il secondo tema prioritario è l’accessibilità alla regione. La Basilicata è forse l’area interna dell’Italia che è meno accessibile. Paradossalmente è quella che ha la posizione geografica più utile per rompere l’isolamento. È il baricentro fisico del Mezzogiorno non insulare d’Italia ma, anche qui, paradossalmente, al posto di essere il centro logistico del Mezzogiorno ha il deserto infrastrutturale. Questo rende l’area lontana dai mercati rilevanti e crea un gap strutturale dovuto ai costi e ai tempi relativi per raggiungere le vie di commercio nazionali e internazionali. Questo costituisce un limite in tutti i settori. Dal turismo all’agricoltura alle produzioni industriali. Per rompere l’isolamento occorre un piano ragionato di infrastrutture che rendano la Basilicata il Polo Logistico del Sud Italia.

Il terzo tema è l’assenza di una filiera utile con i paesi limitrofi e la marginalizzazione del Sud Europa nelle politiche europee. Abbiamo visto come con l’allargamento verso est dell’Europa il Nord Italia sia entrato in sofferenza. Infatti la pianura Padana è parte del sistema di suppliers del Nord Europa ed è stata per gran parte rimpiazzata dai fornitori dell’est (Polonia, repubblica Ceca in primis) che godono anche dalla mancata adesione all’EURO. In aggiunta molti paesi beneficiano di una franchigia unica nel poter fare dumping fiscale all’interno del mercato unico europeo. Mi riferisco a Lussemburgo, Olanda, Irlanda e di recente e in misura minore anche Malta. I paesi che affacciano nel Mediterraneo sono generalmente poveri, privi di stabilità politica, avvolti in conflitti decennali e quindi inadatti sia alla delocalizzazione di imprese sia a fare da fornitori di prodotti intermedi. Per uscire dall’isolamento il Sud dovrebbe guardare ai mercati del Far Est superando il Medio Oriente stabilendo vie dirette di comunicazione attraverso Suez e il mar Rosso di cui dovrebbe essere garantita la sicurezza e navigabilità. E comunque anche qui il tema principale è costituito dalle infrastrutture di collegamento all’Italia e all’Europa dei porti del Sud Italia con ferrovie ad Alta Capacità e altre infrastrutture.

Il quarto tema è costituito dagli scambi di prossimità tra le città del Sud. Il Nord fa parte di una enorme rete di trasporti e collegamenti che va da Torino a Venezia. Provate ad andare con trasporti pubblici da Bari a Reggio Calabria e anche con la statale Ionica in auto non è uno scherzo. La limitazione dei contatti tra le città meridionali dovute alla geografia del Sud impedisce al Mezzogiorno di fare massa critica e di condividere strategie di sviluppo.

Passiamo al Report della regione Basilicata. Per quanto mi sforzi non vedo nulla di utile per superare anche in minima parte questi gap. Non solo ma mi pare difficile individuare il discrimine fondamentale per un piano straordinario di Ripresa e Resilienza tra spese ordinarie e straordinarie, tra investimenti pubblici, che per definizione dovrebbero portare benefici pubblici, e privati che vengono finanziati solo se portano benefici collettivi. Così come non c’è alcuna indicazione delle priorità.

“Sul tema principale delle Infrastrutture il report della regione rendiconta l’acquisto di autobus e treni oltre a qualche intervento sulla rete ferroviaria. Sul sito Open PNRR alla Basilicata sono assegnati 50 progetti per 2,5 miliardi. su 4,5 totali. Oltre a quanto detto troviamo ciclovie, interventi di miglioramento sismico per chiese e ospedali, interventi di efficientamento energetico su strutture pubbliche e private.

Mi pare che tutti questi interventi non siano da Piano Straordinario ma che si tratti di un insieme di interventi ordinari che si sono infilati nel PNRR come occasione per fare quello che la finanza pubblica non è più in grado di sostenere. Con il PNRR si sono acquistati autobus e treni eterni? No e prima o poi occorrerà sostituirli. Come? Con un nuovo PNRR? Sperare che da questi interventi nasca una finanza pubblica che in futuro renda possibile queste attività ordinarie mi pare illudersi e barare. Eppure nei programmi elettorali di tutti i partiti alle scorse regionali c’era la Lauria Candela e l’aeroporto di Pisticci, infrastrutture invece essenziali per tutti i piani di sviluppo ma che sono completamente assenti, salvo mio errore, dai finanziamenti PNRR. Così come mi pare assente qualsiasi intervento sulle provinciali che vengono chiuse in continuo.

Sempre su Open data cerchiamo di capire come si colma il gap della scuola in Basilicata. I titoli altisonanti del PNRR come ‘dalla ricerca all’impresa’ si traducono in interventi di edilizia scolastica e di acquisto di strumenti didattici come computer e arredi.

Rimanendo in tema della missione di istruzione e ricerca una ampia rendicontazione viene riservata agli asili nido. È evidente che esiste un gap tra nord e sud sugli asili nido ed è lodevole colmare questo gap ma perché realizzare nuovi edifici invece di recuperare l’ingente patrimonio edilizio pubblico fatto di palazzi storici e edifici con finalità sociali abbandonati, anche se costruiti di recente con altri strumenti di finanziamento? E una volta realizzati gli asili nido con quali risorse saranno mantenuti visto che in molti casi si tratta di strutture che a mala pena raccoglieranno 15 – 20 bambini dispersi in edifici milionari?

Non parliamo della digitalizzazione con micro progetti da meno di 2.000 euro e ancora una volta emerge chiara la sensazione che si profitti della situazione per colmare qualche evidente lacuna ordinaria.

Insomma è un po’ così per tutte le misure, interventi in massima parte sulla edilizia pubblica e occasione per fare interventi cha hanno poco di straordinario e di progettualità sparsi in mille rivoli e privi di cornice e visione del futuro. Così come trovo scandaloso che si aspetti il PNRR per i siti c.d. orfani.

La sensazione è che alla fine del 2026 rimarrà un incremento di patrimonio pubblico edilizio che dovrà essere o mantenuto, con i relativi costi, o abbandonato e che non si sia fatto un minimo passo per rimuovere i limiti strutturali che affliggono il Sud ma ci troveremo in compenso altro debito pubblico.