L’Autonomia differenziata è legge: ora tutti si assumano le responsabilità di fronte alla Storia

19 giugno 2024 | 15:58
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L’Autonomia differenziata è legge: ora tutti si assumano le responsabilità di fronte alla Storia
Foto da Il Fatto Quotidiano

“L’unico modo per tenere in piedi ancora questo Paese con il combinato disposto della Autonomia e del Premierato sarà uno stato di polizia”

Premesso che firmerò e mi darò da fare per raccogliere le firme contro la Autonomia differenziata occorre avere chiaro che questo referendum, come quelli del 2017, spaccherà il Paese e seminerà umori nefasti maggiori di quelli attuali. Ma allo stato, e data l’insipienza bipartisan del ceto politico e intellettuale del Paese, altro da fare non c’è.

Innanzi tutti si registra nelle votazioni finali alla Camera l’assenza di 129 deputati, pari al 32% dell’assemblea. Di questi 65 sono della maggioranza (28%) e 64 delle opposizioni (35%).

Sarebbe stato opportuno che tutti i deputati si fossero assunti le proprie responsabilità di fronte alla Storia. I deputati assenti avranno comunque torto e saranno iscritti al partito degli ignavi o dei vili entrambi nel terzo canto della Divina Commedia furono condannati, come in vita, a inseguire una insegna mutevole e tormentati da insetti e vermi.

Occorrerebbe pubblicare i nomi di tutti i deputati con il loro voto, o degli assenti, e scolpirli su una lastra di marmo a futura memoria, io sul mio blog lo farò appena pubblicati sui resoconti della camera.

Che questa sia una riforma spaccaitalia lo dimostra iconicamente l’arretramento del ministro Calderoli di fronte al deputato Donno colpevole di volergli mettere la bandiera italiana sulle spalle. La stessa che il suo sodale Bossi bruciava per le vie della Padania e che su di lui ha lo stesso effetto dell’aglio per i vampiri. Chissà se nella memoria collettiva la pizzica ballata da Meloni sarà ricordato come l’adolescenziale ballo sulle macerie di un Paese un tempo unito.

Ma questa legge è solo l’ultimo atto di un percorso di sottovalutazione, soprattutto culturale, della visione che si ha della questione meridionale. È anche il primo passo di un percorso che se non vedrà correttivi robusti, in modo da vanificare la legge stessa, porterà alla disgregazione dello Stato unitario, anche questa agognata dalla Lega Nord.

Quello che si creerà è una Italia a diritti variabili, dove questi diritti dipenderanno dal luogo di residenza e dove un cittadino del Sud che si trasferisse al Nord li acquisterebbe tutti in un colpo solo e uno che dal Nord si trasferisse al Sud li perderebbe immediatamente. Parlo di welfare, infrastrutture, istruzione, servizi di mobilità …

La completa assenza di una vera classe dirigente nazionale e la narrazione di comodo di un divario Nord – Sud in continua crescita da attribuirsi esclusivamente a fattori antropologici ha costituito i presupposti culturali di questa riforma. Senza considerare la diseconomia, per tutto il Paese, di abbandonare un territorio di elevato potenziale economico, vista la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo punto di incrocio di tre continenti. L’idea che il Paese possa prosperare continuando a ragionare solo sugli interessi del Nord porterà l’Italia intera alla irrilevanza economica e politica, anche perché, visti i tassi di natalità, il Nord non potrà più contare sul Sud per la sua tenuta demografica giacché oramai anche al Sud i figli si fanno con il contagocce e perché anche i figli del Nord cominciano a emigrare.

Ed è proprio la sinistra, che oggi protesta finalmente contro questa riforma dopo averla incubata e coccolata amorevolmente, che ha la maggiore responsabilità per non averla contrastata sul piano culturale. Questo sia per la visione di una gestione assembleare travasata nelle istituzioni sia per fatti storici dove il PCI è sempre stato più attento alle ragioni della classe operaia e, quindi della industria del Nord, che a quella della Vandea bianca del Veneto e del Sud lasciati alla rappresentanza della DC e del doroteismo. Poi di recente, per motivi di bottega, la sinistra ha pensato di contrastare il sogno secessionista della Padania inseguendo la Lega Nord sul suo terreno.

Ma la narrazione tossica sul Sud mafioso, clientelare e cialtrone parte da lontano e affonda le proprie radici nella narrazione stessa del Risorgimento dove da un lato c’erano i buoni colti ed evoluti e dall’altro briganti immondi, sottosviluppo e inciviltà. Tutto questo con il solo scopo di nascondere la visione di un Paese dove da un lato c’era l’industria salvifica e fiorente che aveva bisogno di braccia menti e risorse da investire e dall’altro una agricoltura fuori moda sempre più marginale e su cui non valeva più la pena investire. Da un lato il capitalismo del Nord e dall’altro la terra ormai matrigna del Sud. Passaggio esacerbato con la visione liberista dove la competizione si fa facendo piovere dove è già bagnato e prendendo l’acqua dove c’è già il deserto che avanza per cui l’Autonomia era utile per favorire il nostro capitalismo straccione e assistito del Nord ma proprietario di media e occupante delle istituzioni.

Su questo ultimo filone si è innescato il progetto di riforma che ben prima di Calderoli, Fontana, Cirio e Zaia ha visto protagonisti D’Alema, Amato, Gentiloni, Gelmini, Draghi, Bonaccini, Giani.

Di certo, a sentire gli umori e i sondaggi, il no alla abrogazione nel referendum sarà vincente in Lombardia e Veneto e forse in Piemonte e perderà nel resto del Paese lacerandolo ulteriormente e gettando le premesse della secessione dei ricchi o dei poveri poco importa.

Non è facile ipotizzare le conseguenze di questa riforma dove, unico caso al mondo, i diritti delle persone varieranno in funzione della residenza. Unico caso al mondo perché in nessuno stato federale e meno che mai in Germania e negli Usa le autonomie sono differenziate tra Land e Land e tra Stato e Stato e dove l’unità della federazione viene garantita da robusti trasferimenti di risorse tra le aree più ricche a quelle più povere.

Le spinte contrapposte tra decentramento e accentramento oltre a dover capire quali saranno le funzioni e l’utilità di uno Stato centrale e unitario, visto il decentramento di ben 23 materie alle regioni, farà il resto e l’unico modo per tenere in piedi ancora questo Paese con il combinato disposto della Autonomia e del Premierato sarà uno stato di polizia.