Lagonegro, l’ospedale morto prima di nascere

27 giugno 2024 | 13:03
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Lagonegro, l’ospedale morto prima di nascere
Bubbico, Pittella e De Filippo

La vera storia di un pasticcio politico e burocratico tutto lucano, un’opera pubblica fantasma costata milioni di euro senza che sia mai stata posata la prima pietra

Non è stato facile ricostruire una vicenda dai contorni oscuri, complicata, sotto molti aspetti ‘enigmatica’, incastrata in procedure confuse e maneggiate a piacimento da decine di persone tra dirigenti, esponenti politici, esperti, consulenti, progettisti. Noi ci abbiamo provato, con lo scopo di fare finalmente chiarezza su quanto accaduto, nei limiti di una difficile navigazione tra migliaia di pagine di documenti. Buona lettura.

LA FIRMA

E’ il 15 maggio del 2008 quando, nella ex Asl 3 di Lagonegro, viene firmato il contratto tra la Regione Basilicata e l’Associazione Temporanea di Imprese tra “Consorzio Fra Cooperative di Produzione e Lavoro CONS.COOP e OLICAR spa. Le due Società contraenti qualche mese dopo, settembre 2008, costituiranno la S.O.L. Spa – Società Ospedale Lucania, sede legale a Forlì, con 2 milioni di euro di capitale e con un unico scopo: realizzare ed eseguire i lavori per la costruzione del nuovo complesso ospedaliero di Lagonegro. Quindi la S.O.L. subentra nel contratto. Alla firma sono presenti Maria Carmela Santoro in qualità di Segretario Generale della Giunta e di Ufficiale Rogante; Giuseppe Esposito, Dirigente Generale pro-tempore del Dipartimento Infrastrutture e Opere Pubbliche, in rappresentanza della Regione Basilicata; Mauro Pasolini in rappresentanza dell’Associazione Temporanea di Imprese.

L’appalto in questione è un appalto di project financing che prevede il coinvolgimento del concessionario (colui che si è aggiudicato la concessione) nell’accollo parziale dei costi di realizzazione dell’opera, in vista di entrate economiche future connesse alla gestione dell’opera stessa. Nel caso in questione la concessionaria partecipa ai costi complessivi di realizzazione dell’opera con una quota pari a circa 19 milioni di euro, a carico del pubblico 64 milioni. Le entrate per il privato sarebbero derivate oltre che dalla gestione dei servizi esterni dal canone annuo a carico della Regione per l’utilizzo dell’opera pubblica: In dettaglio La Regione Basilicata si sarebbe impegnata a corrispondere alla S.O.L., 1 milione e 830 mila euro il primo anno; 3 milioni e 292 mila il secondo anno e 4,8 milioni dal terzo al ventiseiesimo anno, totale: 120 milioni e 807mila euro. Ma era conveniente l’operazione?

UNA PARENTESI SINTETICA SUL DOPO FIRMA

Olicar spa (ex Petrolifera Estense, poi Olicar spa, poi Olicar Gestione S.r.l. sarà dichiarata fallita il 13 gennaio 2020 dal Tribunale di Asti. La S.O.L. Spa – Società Ospedale Lucania, andrà in liquidazione volontaria il 15 gennaio 2019. L’Ospedale nuovo di Lagonegro non si farà, i lavori non inizieranno mai, nonostante siano stati spesi diversi milioni e altri saranno spesi dall’amministrazione pubblica in seguito a contenziosi generati dalla gestione di tutta la vicenda; cittadini danneggiati dai decreti di esproprio e di occupazione d’urgenza i quali ricorreranno alla Corte d’Appello. All’orizzonte si profila un danno erariale. Il costo dell’opera passa da 55 miliardi di lire nel 1997 a oltre 120 milioni di euro. Nella vicenda è forte il protagonismo della politica che per anni ha drenato consensi da un’idea illusoria e deludente. La questione, per alcuni aspetti, finirà anche in un’inchiesta della magistratura. Ma andiamo con ordine e mettetevi comodi che è lunga e articolata questa storia.

LA PROMESSA DELL’OSPEDALE HA ORIGINI NEL LONTANO 1997

Per la verità secondo alcuni le origini risalirebbero al 1975, quando, con un provvedimento a firma del primo Presidente della Regione Basilicata, Vincenzo Verrastro, veniva notificato ai residenti dell’area un avviso che prospettava l’eventuale costruzione dell’ospedale. Tuttavia, i primi atti disponibili risalgono al 1997. Vediamo in ordine cronologico, a grandi linee e in sintesi i passaggi procedurali fino al 2008. L’allora Consiglio Regionale con delibera n. 668 del 29 settembre 1997 approva il quadro programmatico per il completamento del programma decennale di investimento in edilizia sanitaria in cui è previsto un finanziamento di 55 miliardi di lire “per la costruzione di un nuovo presidio ospedaliero per acuti nel territorio della A.USL n. 3 del Lagonegrese, con una dotazione complessiva di circa 220 posti letto.” Nel 1999 la Giunta delibera la costituzione del gruppo di lavoro “per l’individuazione e per la predisposizione dello studio di fattibilità del nuovo ospedale”. Nel 2002 il Consiglio approva una rimodulazione del quadro programmatico. Nel 2003, la Giunta approva il progetto di fattibilità redatto dal gruppo di lavoro incaricato nel 1999, importo previsto 42 milioni di euro, circa 10 milioni in più della previsione precedente; nomina il responsabile del procedimento; costituisce il gruppo di lavoro tra funzionari regionali al quale è affidato l’incarico di predisporre i documenti essenziali del “progetto preliminare”; decide di scegliere il contraente attraverso la procedura dell’appalto-concorso. Nel 2005 la Giunta approva il progetto preliminare dell’opera, gli schemi di bando di gara e tutta la documentazione correlata. Si decide che i lavori di cui al progetto preliminare saranno realizzati “mediante contratto di concessione di progettazione, costruzione e gestione da affidarsi a mezzo di licitazione privata, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.” Nel dicembre 2007 viene aggiudicata la gara. Nel 2008 viene sottoscritto il contratto di concessione di costruzione e gestione tra la Regione Basilicata e l’Ati aggiudicataria della gara.

IL CONTRATTO

Le previsioni e le clausole contrattuali sono importanti per capire i successivi avvenimenti. Vediamo i passaggi più salienti. Il progetto definitivo dovrà essere redatto e cura del concessionario entro 180 giorni dalla stipula del contratto…; Il progetto esecutivo deve essere redatto a cura del concessionario entro 90 giorni dal favorevole esito della conferenza di servizi…; Il Responsabile del procedimento, nominato dal concedente, (cioè dalla Regione Basilicata, n.d.r.), eserciterà le attività di vigilanza e tutte le funzioni di controllo sui lavori…;L’onere della direzione dei lavori è posta a carico del concedente che, conseguentemente provvede alla nomina del direttore dei lavori, nonché all’istituzione del relativo ufficio direzione lavori…; L’ospedale, è obbligo del concessionario, dovrà essere ultimato e collaudato entro 36 mesi dalla data di inizio lavori… Altra importante clausola contrattuale è la delega dei poteri espropriativi al concessionario. In pratica il concessionario “dovrà chiaramente in ogni atto della procedura espropriativa agire in forza della delega ricevuta…e si impegna a provvedere al pagamento delle indennità di occupazione e di esproprio, nonché al pagamento delle indennità coloniche e aggiuntive dovute e le eventuali maggiorazioni di legge, al pagamento delle indennità per il degrado ovvero per l’acquisizione di eventuali reliquati, ovvero per il deprezzamento degli immobili non interessati dalla procedura espropriativa.” Ma c’è di più in questa delega, il concessionario si fa carico anche degli eventuali indennizzi risarcitori nel caso di occupazioni abusive, usurpative, eccetera. La delega non può ritenersi esaurita con l’ultimazione dell’opera, ma solo con la definizione totale delle procedure. Dunque, l’autorità espropriante su delega della Regione è la S.O.L. Spa che anticipa le somme dovute ai cittadini, successivamente rimborsate dalla Regione. Tuttavia, i beni espropriati sarebbero stati, in seguito al decreto, intestati alla Regione Basilicata. Nel corso del tempo il contratto subirà diverse modifiche, non solo di carattere economico e finanziario. Per esempio la Direzione Lavori e il Coordinamento per la Sicurezza passeranno a carico del concessionario.

LA SCELTA DEL SITO SUI CUI COSTRUIRE L’OSPEDALE

Alcune delle origini del pasticcio risalgono all’individuazione dell’area su cui costruire l’opera. Si tratta dell’area ricompresa tra lo svincolo di Lagonegro sud della ex “Salerno-Reggio Calabria” e lungo la strada a scorrimento veloce “Sinnica” che presenta – si legge nel verbale del gruppo di lavoro – il miglior rapporto ponderale utenza/tempo di accesso e quindi dotata della capacità di aggregare il più grande bacino di utenza in grado di raggiungere la struttura sanitaria nel tempo ponderale di circa 20-30 minuti. Tra i requisiti fondamentali che avrebbero dovuto caratterizzare il sito, la Regione stabiliva, oltre la posizione baricentrica, una buona caratterizzazione geologica e un favorevole rapporto costi-benefici.

Il Gruppo di lavoro aveva individuato anche un altro sito, ricadente nell’ambito del territorio del Comune di Lauria in località Sant’Alfonso, a 4 chilometri dallo svincolo autostradale Lauria-Nord. Questo sito sarebbe stato più baricentrico dell’altro, ma – secondo il Gruppo di lavoro – era carente di infrastrutture. Però c’è un problema. Si individua il sito senza preliminari indagini geognostiche (geologiche, geotecniche e idrogeologiche). Leggiamo, infatti, nel verbale del Gruppo di lavoro dell’8 novembre 2002, allegato alla delibera di Giunta che approva il progetto di fattibilità per la costruzione dell’ospedale che “gli aspetti geologici dell’area sono stati desunti da studi eseguiti in passato (quando? n.d.r.); per quanto è stato possibile osservare da sopralluoghi a vista, i terreni di sedime presentano caratteristiche geomeccaniche tali da richiedere fondazioni profonde e opere di presidio per il contenimento degli scavi e per il risanamento idraulico; le fasi di progettazione dovranno in ogni caso essere precedute da indagini geognostiche di dettaglio.”

A supporto del progetto preliminare da mettere a gara viene approvata una perizia, costo 110mila euro compresi i rilievi topografici, affidata a un geologo componente il Gruppo di lavoro. Nella perizia si parla di “difficile situazione morfologica, litologica e idrogeologica anche in prospettiva sismica…perciò in sede progettuale si determineranno costi aggiuntivi.” Però si va avanti su quel sito. Dopo l’approvazione del progetto preliminare la ex Usl 3 di Lagonegro affida una perizia di indagini geognostiche alla ditta Toma Fumano di Matera. Già in quel periodo il prof. Marco Mucciarelli, docente Unibas, incaricato tramite l’Università dalla ditta Toma Fumano, redige una relazione nella quale è chiaramente spiegato “…che il luogo prescelto per l’edificazione dell’ospedale presentava condizioni di saturazione d’acqua fino alla superfice, proprietà meccaniche molto scarse dello strato di detrito affiorante per almeno 15 metri di profondità. Inoltre, il terreno era interessato dalla presenza di due faglie che avevano provocato un ribassamento dei terreni superficiali e…ed era noto che il sito individuato era in frana con spostamenti da 1 a 2 centimetri l’anno… (dichiarazione rilasciata dal prof. Mucciarelli, alla Guardia di Finanza, il 16 settembre 2015). Nonostante tutto si va avanti.

La Guardia di Finanza, in un’informativa alla Procura di Potenza, del gennaio 2016 scriverà: “Emerge chiaramente che il sito individuato per la realizzazione del costruendo Ospedale presentava forti criticità sotto l’aspetto idrogeologico che richiedeva, senza ombra di dubbio, la decisione di trovare soluzioni alternative e non perseverare in una scelta che ad oggi, si ribadisce, non ha consentito neanche la posa in opera della prima pietra.”

LE INDAGINI DELLA GUARDIA DI FINANZA

A partire dalla fine del 2014, su segnalazione anonima, sia la Procura della Repubblica sia la Corte dei Conti assegnano alla GdF le indagini su presunto danno erariale e responsabilità amministrativa. Dopo pochi mesi il fascicolo passa nelle mani della pm Veronica Calcagno che l’11 luglio 2017 chiederà al Gip l’archiviazione. Il Gip, Amerigo Palma archivierà il 19 luglio 2017. La Guardia di Finanza aveva quantificato un danno erariale di 2 milioni di euro individuando quali responsabili Il presidente Filippo Bubbico e gli assessori dell’epoca, il presidente Vito De Filippo e gli assessori dell’epoca, oltre a tre dirigenti regionali e a due R.U.P. (Responsabile Unico del Procedimento)- Per i militari delle Fiamme Gialle che hanno condotto le indagini le responsabilità a carico delle persone individuate sarebbero scaturite dalla loro “omessa attenzione ai problemi di natura geologica che di fatto hanno condizionato l’iter procedurale del costruendo ospedale, problemi emersi fin dalla genesi dell’idea progettuale, tanto che oggi, nonostante siano passati 15 anni, non solo non sono iniziati i lavori ma non risulta ancora approvato il progetto esecutivo.” (siamo a luglio 2015). Dalle carte sembrerebbe che quei 2milioni di euro di presunto danno erariale deriverebbero dall’Atto aggiuntivo n. 2 al contratto originario, di cui parleremo più avanti. Quell’Atto però fu autorizzato dal RUP e approvato con delibera di Giunta n. 1214 del 7 ottobre 2014, presidente Marcello Pittella. Intanto, ancora nel 2018, il Comitato pro-ospedale di Lagonegro invia un esposto alla Corte dei Conti, quantificando la dimensione dello spreco in circa 6 milioni di euro, nella maggior parte per consulenze e indagini geologiche. Anche questo esposto, pare, sia finito nel nulla. Lo stesso giorno il Comitato inoltra un esposto alla Procura della Repubblica di Lagonegro.

LA “SORPRESA GEOLOGICA”

L’hanno definita una sorpresa, ma in realtà, come abbiamo visto, di imprevedibile c’era nulla. Tuttavia, questa evenienza “imprevista”, ha fatto lievitare esageratamente i costi dell’opera ed è stata una delle cause principali dell’abbandono definitivo del progetto.

E’ il 1° agosto 2014, la S.O.L. Spa scrive alla Regione, ossia al R.U.P. nominato nel frattempo, Giuseppina Lo Vecchio. A quella data la Società è ancora impegnata a svolgere indagini geotecniche e geologiche indispensabili al completamento della progettazione esecutiva la cui consegna era prevista il 31 ottobre 2014. Nel frattempo, data la complessità della faccenda, si è ricorso al metodo osservazionale previsto nel primo atto aggiuntivo sottoscritto nel 2012. Il metodo osservazionale nella progettazione geotecnica è previsto nei casi in cui a causa della particolare complessità della situazione geognostica e dell’importanza e impegno dell’opera, dopo estese ed approfondite indagini, permangano documentate ragioni di incertezza risolvibili solo in fase costruttiva. Fase a cui non si arriverà mai. E’ un metodo complesso che richiede particolari fasi di monitoraggio e una strumentazione particolare.

Con quella lettera la S.O.L. lamenta appunto l’aggravio finanziario subito per quelle indagini geognostiche e geotecniche e lamenta anche i costi sostenuti per attività promozionali, commerciali, legali e per il management. Quantifica l’aggravio in circa 7,5 milioni, ma l’importo strettamente connesso alle attività di progettazione e alle indagini geologiche e geotecniche è quantificato in 4milioni e 257mla euro. Ma non basteranno poiché bisognerà pagare ulteriori 1,4 milioni di euro “che i progettisti rivendicano per portare a termine le loro attività.” Per farla breve, la S.O.L. chiede un secondo atto aggiuntivo che preveda la corresponsione a titolo di rimborso di 2milioni di euro entro 30 giorni dalla data di sottoscrizione dell’atto aggiuntivo; 2milioni alla consegna del progetto esecutivo; il resto alla consegna dei lavori. Nella stessa lettera si chiede il rimborso immediato delle somme anticipate per le indennità di esproprio.

L’Atto aggiuntivo n.2 sarà sottoscritto e approvato dalla Giunta Regionale il 7 ottobre 2014, ma con una modifica rispetto alle richieste della S.O.L. La Somma di 4 milioni “sarà corrisposta solo alla consegna del progetto esecutivo con le seguenti modalità: 2milioni da liquidarsi entro 7 giorni dalla consegna del progetto esecutivo; 2 milioni da liquidarsi entro 7 giorni dalla validazione del progetto esecutivo.

Il progetto esecutivo viene trasmesso ufficialmente al Rup, il 3 novembre 2014, che il 5 dicembre provvederà alla liquidazione della somma di 2 milioni di euro. Il progetto esecutivo sarà validato, però, nell’estate del 2015, ma con una serie di prescrizioni e con la richiesta di modifica di alcuni elaborati progettuali. I professori Viggiani e Di Nocera, a fine maggio 2015, trasmettono le loro relazioni sulla fattibilità del progetto esecutivo sia sotto l’aspetto geologico e geotecnico, ritenendo che le scelte progettuali individuate con il progetto esecutivo sono idonee a consentire la realizzazione della struttura ospedaliera sull’area individuata. La S.O.L. nel progetto esecutivo prevede un drastico incremento dei costi rispetto a quelli previsti nel progetto definitivo, quantificato in circa 22 milioni di euro. La difficoltà del concessionario nel garantire l’investimento è evidente. Nessuno però si preoccupa di questo aspetto. Si va avanti, come se nulla stesse accadendo.

IL CONTENZIOSO SUI COSTI DEL PROGETTO

Sfogliando un Rapporto sullo stato di attuazione del progetto, datato 15 marzo 2016, probabilmente inviato all’Anac, redatto dagli Uffici della Regione Basilicata, scopriamo che l’aspetto più critico del contenzioso tra concedente e concessionario riguarda l’incremento dei costi del progetto esecutivo rispetto a quelli del progetto definitivo. Si continua a parlare di progetti a 8 anni dalla firma del contratto ma dell’ospedale non si vede neanche lo scheletro.

Con la sottoscrizione dell’Atto aggiuntivo N. 1, successivamente confermato con la sottoscrizione dell’Atto aggiuntivo N. 2, era stato stabilito dalle parti, che i costi aggiuntivi, determinati dalla scelta di soluzioni alternative scaturenti dal metodo osservazionale, fossero a carico della concedente, ove documentati, giustificati e certificati, fino ad un costo del progetto esecutivo di 111.478.541,67 di euro. La differenza, come sancito dagli accordi pattuiti, restava in capo alla concessionaria indipendentemente da quali fossero le soluzioni progettuali alternative individuate a seguito dell’applicazione del metodo osservazionale.

Nell’art. 4 dell’Atto Aggiuntivo n.1 si parla genericamente di adozione di una delle soluzioni progettuali alternative in applicazione del metodo osservazionale. Nello stesso articolo è precisato che: le parti stabiliscono che l’importo totale del quadro economico degli investimenti non potrà in nessun caso eccedere il valore massimo di € 83.489.400. Qualora dovesse rendersi necessaria la redazione di una variante in corso d’opera conseguente all’adozione di una delle soluzioni progettuali alternative in applicazione del metodo osservazionale, i costi eccedenti il valore massimo di € 83.489.400,00, saranno totalmente a carico della concessionaria.

Ma la S.O.L. chiede di addebitare i costi eccedenti il valore massimo di 83.489.400,00 di euro alla concedente, cioè alla Regione. L’amministrazione regionale, per il tramite del RUP si era resa disponibile a valutare una eventuale proposta giuridica e tecnica finalizzata alla risoluzione del contraddittorio che avesse previsto, però, nessun incremento dell’importo complessivo del quadro economico degli investimenti approvato con l’Atto Aggiuntivo N. 1 a carico della Amministrazione Regionale (concedente) e soprattutto che la proposta risultasse bancabile. Il termine ultimo per la presentazione della proposta era stato fissato al 15 marzo 2016. “In caso contrario il RUP avrebbe proposto all’Amministrazione regionale la risoluzione contrattuale per inadempimento in danno”. Cosa che poi è avvenuta.

IL PROGETTO FINISCE NEL PANTANO: LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO

Il 13 maggio 2014 viene nominato il nuovo R.U.P., l’ingegnera Giuseppina Lo Vecchio. Dal 2003 al 2014 si sono succeduti nel ruolo ben 5 tecnici, l’ultimo aveva rassegnato le dimissioni appena una settimana dopo la nomina.

Dal 2015 Il nuovo Responsabile Unico del Procedimento avvia una fitta corrispondenza con la S.O.L. Lunghe note di contestazione e solleciti per inadempienze contrattuali a carico del concessionario e contro note di giustificazioni in risposta al Rup. A cui seguiranno diverse riunioni in contraddittorio, verbalizzate, e diverse interlocuzioni con l’Anac. Fatto sta che il 20 aprile 2016, il Rup, con una lunga nota molto circostanziata (17 pagine) propone la risoluzione del contratto sottoscritto il 15 maggio 2008 con la S.O.L. per “grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo.” Diverse le contestazioni a supporto della proposta di risoluzione: Il mancato rispetto dei termini e dei modi previsti per la consegna del progetto esecutivo nella versione finale e mancata osservanza del cronoprogramma; mancata nomina del direttore dei lavori; indebito incremento dei costi del progetto esecutivo; ingiustificati maggiori costi-violazione del metodo osservazionale; mancato asseveramento bancario; mancata emissione dei decreti di esproprio.

Il 5 agosto 2016, l’allora Capo di Gabinetto del presidente della Giunta, Gerardo Travaglio, scrive all’Anac per comunicare che la Regione “sta valutando l’opzione della risoluzione consensuale.” La comunicazione è successiva a una serie di interlocuzioni con gli avvocati della S.O.L. Il problema adesso è evitare un contenzioso che potrebbe creare altri pasticci legali e danni economici a carico della Regione. Fatto sta che con determinazione dirigenziale del 22 dicembre 2016 viene sancita la risoluzione, non consensuale, del contratto in danno della S.O.L. Il 23 gennaio 2017, il presidente della Giunta, Marcello Pittella, trasmette all’Anac il provvedimento di risoluzione in danno dei rapporti contrattuali con la concessionaria.

Successivamente SOL agirà giudizialmente contro la Regione Basilicata per accertare e dichiarare la risoluzione del contratto nonché per fare  condannare l’Ente al risarcimento dei danni patiti. Porterà la Regione Basilicata in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti quantificati in 10,5 milioni di euro per i costi complessivamente sostenuti per l’attuazione del rapporto concessorio, in 13 milioni per mancato guadagno, in 858mila euro per passività relative alle perdite di esercizio riportate negli anni, oltre agli ulteriori costi relativi alle procedure di esproprio. In aggiunta la S.O.L. chiede la condanna della Regione al pagamento del danno curriculare sofferto e quantificato in 6,5 milioni di euro e la condanna alla restituzione dell’originale della polizza fideiussoria contratta con l’assicurazione Generali S.p.A.  Insomma un bel gruzzolo. La Regione si costituirà in giudizio il 24 febbraio 2017 e darà mandato all’avvocato Orazio Abbamonte del Foro di Napoli a cui sarà corrisposto un onorario di circa 30mila euro. Come andrà a finire?

LA VERSIONE DELLA CONSCOOP

Risolto il contratto la Regione prova ad incassare sia la polizza fidejussoria aggiuntiva, di 2milioni di euro maggiorata degli interessi, a garanzia dell’erogazione dell’acconto relativo agli oneri di progettazione, sia la polizza principale. In ballo anche la cauzione a tutela del rispetto delle condizioni contrattuali dell’importo di 8 milioni di euro già in possesso della Regione. Ma la faccenda, anche per la polizza finisce in Tribunale. L’ultima udienza si sarebbe tenuta a maggio 2024.

Tuttavia, è utile conoscere anche l’altra versione sulla vicenda dell’ospedale fornita dalla Conscoop, socio al 49,9% della S.O.L. La leggiamo nella relazione sulla gestione del suo ultimo bilancio 2023.

“Conscoop, in data 28 dicembre 2007, si aggiudicava in Associazione Temporanea di Impresa (ATI) con Olicar Spa e l’ingegnere Innocenzi Enrico, la gara bandita dalla Regione Basilicata avente ad oggetto la concessione per la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la gestione tecnica dei servizi non sanitari dell’Ospedale Unico per Acuti dell’Azienda Sanitaria USL N. 3 di Lagonegro. A seguito dell’aggiudicazione, e come da bando, le predette raggruppate costituivano una società di progetto denominata SOL – Società Ospedale Lucania S.p.a., di cui Conscoop detiene una quota sociale pari al 49,995%, che subentrava nel contratto d’appalto sottoscritto, in data 15/05/2008, tra Conscoop (in rappresentanza dell’ATI) e la Regione Basilicata. Sin da subito emergeva l’impossibilità di realizzare il progetto aggiudicato poiché le condizioni del sito risultavano difformi dalla descrizione geologica rappresentata nel bando di gara in quanto esso era coinvolto da un sistema franoso molto importante.

Tale sistema franoso, infatti, non consentiva la stabilità dell’opera progettata. Le problematiche riscontrate sulla eseguibilità del progetto definitivo (realizzato sulle indicazioni del progetto di gara) obbligavano la sottoscrizione, in data 25.06.2012, di un atto aggiuntivo che innanzi tutto era finalizzato a definire le corrette condizioni geologiche del sito e conseguentemente a permettere una nuova e coerente progettazione delle opere da realizzare. L’atto aggiuntivo imponeva la sostituzione della vecchia polizza fidejussoria con una nuova garanzia fidejussoria concessa dalla Compagnia Assicurativa Generali a copertura del 10% dell’importo dell’appalto stimato pari ad € 83.489.400,00. Per il rilascio di siffatta fidejussione, come nella precedente, dovevano co-obbligarsi, e pertanto si co-obbligavano, Conscoop e l’altro socio Olicar. Nel corso delle verifiche geologiche si evidenziavano problematiche tali da imporre soluzioni progettuali addirittura diverse da quelle previste dall’atto aggiuntivo che determinavano la lievitazione dei costi dell’opera affinché essa fosse coerente con la sua stabilità e durata nel tempo. Il nuovo progetto presentato da SOL era condiviso in tutte le sue fasi e sino alla sua redazione definitiva dal comitato tecnico della Regione.

Il progetto nella sua stesura definitiva era presentato ed approvato dalla conferenza di servizi; organo convocato dalla Regione. Il progetto così approvato era indirizzato alla società di validazione individuata dalla Regione che lo verificava positivamente nel mese di ottobre 2015. Nonostante SOL sollecitasse il Responsabile Unico del Procedimento (RUP) perché procedesse alla definitiva validazione del progetto in data 23 dicembre 2015 il RUP avviava il procedimento di risoluzione contrattuale in danno della concessionaria. Il RUP infatti pretendeva che SOL si facesse carico di tutti i costi eccedenti l’importo del progetto aggiudicato ma che era irrealizzabile per le condizioni geologiche che si erano manifestate dopo l’aggiudicazione stessa. Quando il 24 novembre 2016 il Direttore Generale del dipartimento Infrastrutture e Mobilità della Regione Basilicata indirizzava a SOL il preavviso di provvedimento di risoluzione in danno del rapporto contrattuale e SOL comunicava la circostanza ai suoi soci, Conscoop, dinanzi al rischio concreto di escussione della garanzia rilasciata da Generali, nei confronti della quale è solidalmente obbligato, avviava un procedimento giudiziario contro Generali finalizzato ad interdire un’azione di rivalsa della stessa nei confronti del Consorzio nel caso in cui la Regione Basilicata avesse escusso la fideiussione rilasciata in favore di SOL. Conscoop… Non si esclude che nelle more del procedimento si possa giungere ad una transazione ed a tal fine il dialogo tra i legali delle parti è tuttora in corso. In considerazione dei complessi aspetti tecnici della controversia, che potranno essere accertati con una eventuale apposita CTU disposta in corso del giudizio, ed alla luce dello stato embrionale della causa, ad oggi (maggio 2024, n.d.r.) non si possono fare previsioni sull’esito della vertenza.”

E già, appare probabile a questo punto che si giungerà a una transazione e vedremo quanti soldi dovranno sborsare ancora una volta i contribuenti e cioè i cittadini. Ricordiamo che nel frattempo la S.O.L. è in liquidazione e il socio Olicar S.p.A. è fallito. A tenere in mano la faccenda è la Conscoop.

Eppure, la Regione Basilicata, in una nota inviata alla stampa nel novembre 2017 affermerà il contrario: “è tutto a posto”. Si legge, infatti, nella nota: “La Regione Basilicata non ha subito nessun danno dalla mancata realizzazione, in contrada Castagneto di Lagonegro, del nuovo ospedale… la Regione ha risolto con richiesta di risarcimento danni il contratto con la S.O.L. Spa, Sulla vicenda è in atto un contenzioso tra le parti per il quale, al momento, non è stata pronunciata sentenza. Pertanto le dichiarazioni su presunti danni a carico della Regione sono false e tendenziose, oltre che chiaramente strumentali. Tra l’altro, è bene precisare che le somme anticipate dalla Regione sono ampiamente coperte da polizza fideiussoria a carico della concessionaria per un importo di oltre otto milioni di euro. Purtroppo a 7 anni di distanza la faccenda è in corso, e scrivere che la Regione non ha subito alcun danno, alla luce dei fatti, appare un’affermazione inesatta. I danni li hanno subiti e continuano a subirli i cittadini, questo si può dire?

IL PASTICCIO DEGLI ESPROPRI

Per costruire l’ospedale, che sarebbe dovuto sorgere su una superficie di circa 90mila metri quadrati, con le opere connesse, tra cui un parcheggio multipiano e un centro congressi, vengono espropriati (la procedura non sarà mai completamente chiusa) 79mila mq di terreno su cui insistono fabbricati, civili abitazioni, oltre che attività agricole. Alcuni espropriati continueranno ad usare tranquillamente i beni acquisiti all’esproprio e pure indennizzati. Altri saranno costretti ad abbandonare le abitazioni, subendo occupazioni d’urgenza e espropri la cui procedura non sarà mai conclusa: causa abbandono del progetto e risoluzione del contratto con il concessionario SOL. Sulla vicenda degli espropri il pasticcio potrebbe valere 800mila euro di danno erariale. Cerchiamo di semplificare e di sintetizzare quest’altro incredibile capitolo della vicenda.

Il 30 giugno 2017 la Giunta Regionale revoca la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. Ormai è chiaro, del nuovo ospedale di Lagonegro si parlerà soltanto nei Tribunali e negli uffici della Corte dei Conti: l’opera è completamente archiviata.  A questo punto i beni espropriati devo essere restituiti in possesso ai proprietari perché non più utili alla realizzazione dell’opera. Nel contenzioso civile con gli espropriati la Regione spende circa 140mila euro per consulenze tecniche, e non si quantificano i costi legali.

Ad ogni modo la vicenda legata agli espropri, non solo è un gioco a scaricabarile tra la S.O.L. e la Regione Basilicata, ma assume i contorni di una matassa intricata che ad oggi, 27 giugno 2024, non è stata ancora sciolta. Perciò sarebbe lunga da spiegare, ma soprattutto complicato. Famiglie espropriate dei beni di cui la Regione non è mai entrata in possesso, accusate di resistere ai decreti, ma in verità non sapevano dove andare perché le indennità non venivano pagate. I luoghi espropriati e occupati per la realizzazione dell’opera restituiti e mai ripristinati, consegnati in uno stato completamente difforme rispetto alle condizioni originarie. Per ottenere giustizia almeno sugli indennizzi si sono rivolte alla Corte D’Appello. Ad oggi sono cinque le posizioni incardinate in Corte, ossia 5 procedimenti, e rappresentano oltre 70mila metri quadrati di terreno su circa 79mila, 5 fabbricati di cui 3 di civile abitazione e 2 magazzini.

In Corte d’Appello succede di tutto. Consulenti tecnici ricusati perché funzionari della Regione, parte in causa. Un giudice che ai tempi della Giunta Bubbico, segnalata dalla Guardia di Finanza per presunto danno erariale, era assessore. Sentenze che stabiliscono un indennizzo e altre che smentiscono le sentenze precedenti. Disparità di trattamento tra espropriati. E’ quanto lamentano alcune famiglie vittime del pasticcio esproprio. Nel corso del tempo non sono mancate manifestazioni di furberia.

Appare certo ad oggi che la Regione Basilicata dovrebbe sborsare circa 800mila euro per rendere giustizia alle famiglie espropriate. E la questione, come è evidente non riguarda soltanto le famiglie che si sono rivolte alla Corte d’Appello, ma riguarda tutti i cittadini lucani per i danni che hanno subito e continuano a subire loro malgrado e senza saperlo. Per esempio gli errori di valutazione di alcuni consulenti tecnici avrebbero indotto a riconoscere somme non dovute ad alcuni e a ridimensionare le somme dovute ad altri. Insomma, la matassa non si sbroglia. E allora, alcune famiglie gravemente danneggiate hanno deciso di rivolgersi alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti con una segnalazione, datata 29 aprile 2024, minuziosamente circostanziata. Si ipotizzano oltre a danno erariale derivante dal pasticcio espropri, quantificato in circa 800mila euro, altri danni causati dai contenziosi in atto tra Regione e S.O.L. (Conscoop), oltre possibili reati penali che l’autorità giudiziaria dovrebbe verificare. Bisogna aggiungere che l’area una volta riconsegnata ai legittimi proprietari non è stata riclassificata dal Comune, ma neanche dalla Regione che ha poteri sostitutivi in merito,  secondo legge e giurisprudenza. Vi aggiorneremo sugli eventuali sviluppi.

LA POLITICA, 20 ANNI DI FALLIMENTI

Per 20 anni molti politici hanno messo la testa sotto la sabbia pur di tenere in vita un’illusione che pagava sotto il profilo del consenso, ma nella realtà provocava molti danni alla collettività. Dalla Giunta con presidente Filippo Bubbico, passando per Vito De Filippo, fino a Marcello Pittella, la cui amministrazione nel 2017 porrà completamente fine alla vicenda, ma rilanciando con l’idea di trasferire il sito per la costruzione del nuovo ospedale in un’altra località, contrada “Tempone Rosso”, sempre a Lagonegro. Infatti sarà proprio Pittella a rassicurare i cittadini: “L’ospedale unico di Lagonegro si farà, con modalità e investimenti differenti e attraverso un percorso che non disimpegna nel modo più assoluto le risorse pubbliche previste ma le vincola”. Lo aveva dichiarato, il 1° agosto 2017, intervenendo al Consiglio Comunale straordinario in seduta aperta del Comune di Lagonegro. “Prima di tutto – aggiunse – il progetto dell’ospedale resta a Lagonegro; l’intero stanziamento pubblico, pari a quasi 73 milioni di euro, con l’aggiunta di 13 milioni e di altri 3 milioni di euro resta destinato a questo progetto; con atti successivi si provvederà ad individuare il sito nel quale collocare la struttura e a tal proposito sono già in corso indagini geognostiche portate avanti dall’Azienda Sanitaria il cui esito dovrebbe arrivare a giorni; si costituirà un gruppo di lavoro al quale parteciperanno anche rappresentanti del Comune di Lagonegro e, qualora sia necessario, tecnici”. Questa ipotesi ci sembra la copia di un film già visto. Si ricomincia? No. Tuttavia anche per questo progetto sarebbero stati spesi 150mila euro di soldi pubblici per le indagini geologiche.

IL NUOVO OSPEDALE FINISCE NEL VECCHIO

Anche questa idea verrà successivamente scartata e sostituita con un nuovo progetto: ristrutturare, ampliare e adeguare l’ospedale esistente. La scelta progettuale, viene presentata ufficialmente nell’agosto 2020, si tratta appunto di realizzare il nuovo ospedale del Lagonegrese laddove esiste il vecchio ospedale. Tra i vantaggi della scelta, spiegherà la Giunta dell’epoca, l’eliminazione delle procedure espropriative, con riduzione di tempi e di risorse economiche, essendo il sito già di proprietà dell’AOR San Carlo , la netta riduzione della spesa per opere di viabilità, di sistemazione, di urbanizzazione e di allacciamento ai servizi, già presenti nell’area; l’eliminazione dei costi di manutenzione e rifunzionalizzazione dell’ospedale esistente, evidentemente persistenti in caso di costruzione dell’ospedale in altro sito. Un progetto che il 2 dicembre 2021 incassa il parere tecnico favorevole del Nucleo di Valutazione e verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero della Salute.

La cronologia di questa ultima fase parte dalle delibere di giunta 802 del 28 luglio 2017 e 1034 del 29 settembre 2017 in cui la Regione Basilicata conferma la realizzazione dell’Ospedale Unico del Lagonegrese nel territorio del Comune di Lagonegro nel nuovo sito in località “Tempone Rosso”.  Una specie di accanimento politico. Ci chiediamo se davvero l’allora presidente Pittella potesse non sapere che, cambiando il sito, la procedura sarebbe ripartita da zero e che, pertanto, ci sarebbero voluti degli anni, magari altri 20, per l’avvio dei lavori?

Nel 2019, in occasione di un incontro fissato per il 25 marzo presso il Ministero della Salute, fu proposto il Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica redatto dall’AOR San Carlo di Potenza concernente il nuovo sito in località “Tempone Rosso” per la costruzione dell’ospedale. Ma il Nucleo di Valutazione degli investimenti infrastrutturali in Sanità evidenziò molteplici criticità per superare le quali la Regione Basilicata predispose una nuova proposta poi approvata.

A seguito degli approfondimenti di natura tecnica e vincolistica condotti sul sito individuato nonché del confronto con il Nucleo di Valutazione degli investimenti infrastrutturali in Sanità, infatti, emersero criticità tali da far ritenere la realizzazione del Nuovo Ospedale nel sito in località “Tempone Rosso” non ottimale, sia in termini di successiva gestione della vecchia struttura, attuale sede dell’Ospedale, sia alla luce del complesso percorso autorizzativo. Risultò opportuno, pertanto, prevedere la realizzazione del Nuovo Ospedale Unico del Lagonegrese nello stesso sito ospitante l’attuale Presidio Ospedaliero, mediante interventi di ristrutturazione e ricostruzione dell’esistente. Si chiamerà “Polo Unico della Salute”. Costo 88 milioni 665 mila euro di cui Circa 30 milioni di euro a carico dello Stato; Oltre 1 milione e mezzo di euro a carico della Regione Basilicata (mutuo con Cassa depositi e prestiti); 54 milioni dal Fondo Sviluppo e Coesione; circa 3 milioni 100 mila euro per Interventi di prevenzione, miglioramento e adeguamento sismico. E’ quanto dichiarerà Francesco Piro nel gennaio 2022. Sarà vero?

Tuttavia, una delibera di presa d’atto della Giunta Regionale che stabilisce la realizzazione del nuovo ospedale sullo stesso sito dell’area ospedaliera attuale in Lagonegro, ossia “Polo Unico della Salute nella Città di Lagonegro” esiste, è una delibera del 31 marzo 2021, proposta dall’Ufficio Finanze del Servizio Sanitario Regionale e approvata. Qui la delibera. E adesso? Tutto tace. Nulla si sa, dopo 3 anni dall’approvazione della delibera.  Si farà? E quanti anni dovranno trascorrere? Con la nuova Giunta di Vito Bardi ci sarà la volontà di realizzare il “Polo Unico della Salute nella Città di Lagonegro”? Staremo a vedere. Ma anche in questo caso temiamo una replica del film iniziato nel 1997. Anche perché molti dei politici protagonisti della stagione delle illusioni, sono ancora a galla.

L’INCHIESTA “CLAMOROSA” DELL’OTTOBRE 2020

C’è un aggettivo, “nuovo”, che avrebbe portato fuori strada alcuni media e, forse, gli stessi inquirenti nel quadro dell’inchiesta che nell’ottobre 2020 coinvolse politici e dirigenti, con arresti e perquisizioni. Diversi i filoni investigativi, tra cui quello legato alla “costruzione dell’ospedale unico per acuti di Lagonegro”. Su questo filone, alla luce di quanto accaduto riguardo al progetto di investimento sul sito del vecchio ospedale, ci pare sia stata fatta un po’ di confusione. Il Fatto Quotidiano, per esempio, pubblica il 9 ottobre 2022 un articolo titolato “Basilicata, la costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro? I pm: “Tornaconto personale”. Nel testo si legge: La costruzione di un nuovo ospedale a Lagonegro, piccolo comune lucano a 100 km da Potenza, era uno degli obiettivi principali della politica lucana coinvolta nell’inchiesta che ha portato in carcere l’ex capogruppo di Forza Italia in Regione Basilicata, Francesco Piro, ai domiciliari Maria Di Lascio, dal 2020 sindaca di Lagonegro e all’obbligo di dimora l’assessore lucano all’agricoltura, Francesco Cupparo, anch’egli di Forza Italia e l’ex assessore alla sanità, Rocco Leone, attuale consigliere regionale di Fratelli d’Italia. Ma quella nuova struttura, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Potenza, non era stata ideata “per effettive necessità di gestione sanitaria” ma per “per tornaconto personale”. Quell’ospedale, insomma, sarebbe servito per accontentare gli amici degli amici, per fare affari, per accrescere il consenso dei diversi politici impegnati nell’operazione.

Di quale ospedale si tratta? Del nuovo che avrebbe dovuto costruire la S.O.L.? Impossibile, nel 2017 è stata dichiarato il decesso definitivo di quel progetto con il quale i politici citati nulla c’entravano. Si fa riferimento a quello che Pittella avrebbe voluto costruire a Tempone Rosso? Si fa riferimento al progetto che ha acquisito il parere tecnico favorevole del Nucleo di Valutazione e verifica degli Investimenti Pubblici? E ancora, scrive il Fatto Quotidiano: C’era un solo ostacolo e si chiamava Massimo Barresi, all’epoca dei fatti direttore generale dell’Ospedale “San Carlo” di Potenza. Nominato al vertice della struttura sanitaria dalla giunta di Marcello Pittella, con l’arrivo della nuova amministrazione targata Vito Bardi si è ritrovato a essere l’unico oppositore di un’opera passata da una stima iniziale di 36 milioni euro al preventivo finale di ben 76 milioni. Anche qui chiediamo: di quale ospedale si parla? E Barresi a quale ospedale si opponeva? E perché si opponeva? Si opponeva a quello di contrada Castagneto che avrebbe dovuto costruire la S.O.L.? Impossibile. Si opponeva a quello che secondo Pittella sarebbe stato costruito a Tempone Rosso?  Si opponeva al nuovo da rifare sul vecchio? Leggendo le dichiarazioni di Massimo Barresi, sia nel quadro delle carte d’indagine, sia in quelle riportate nell’articolo, non si capisce. Probabilmente l’articolista è stato portato in confusione dalla lettura degli atti di inchiesta. Perché è in quegli atti che c’è odore di confusione, ma questa è un’altra storia che solo il tempo ci chiarirà, forse. Certo è che Barresi, sentito come testimone, parla di un progetto di ospedale di cui sarebbe venuto a conoscenza nel luglio 2019. Leggendo la delibera del 31 marzo 2021 viene spontanea la domanda: Quale progetto? Nella stessa testimonianza Barresi esprime un’opinione: “proposi di non procedere, ma di utilizzare eventualmente questi soldi per migliorare le strutture esistenti e ad aggiornare le attrezzature delle stesse.” Semplicemente avrebbe preferito destinare le risorse vincolate all’ospedale di Lagonegro ad altri ospedali. Non sappiamo se il denaro vincolato ad un progetto possa essere destinato ad altro. Questa sarebbe la ferma opposizione di Barresi al progetto Lagonegro, ripetiamo: a quale progetto? La decisione di cui alla delibera del 31 marzo 2021 è tutta politica e finanche motivata. Comunque l’articolo è qui.

Appena ci sono soldi in gioco, specie in opere pubbliche da vendere nella propaganda politica chi può ne approfitta per accrescere il consenso.  Certo, non è una novità che intorno a un’opera pubblica milionaria, di qualunque tipo, gironzolino appetiti di privati cittadini, di imprenditori, di faccendieri e di politici e dirigenti con lo scopo di ricavarne vantaggi legittimi e illegittimi. E’ così dappertutto. E su questi episodi la magistratura fa bene a indagare. Magari è successo anche con il famoso Nuovo Ospedale i cui lavori non sono mai iniziati, su cui pendono esposti e segnalazioni alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti, per presunte irregolarità, abusi, falso ideologico, danno erariale. Non sta a noi verificarlo.

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