Autonomia differenziata, astensionismo e il Sud che scompare

26 giugno 2024 | 10:49
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Autonomia differenziata, astensionismo e il Sud che scompare
Giorgia Meloni e Gianni Rosa

Aldo Mattia, Gianni Rosa, Salvatore Caiata, Elisabetta Casellati spieghino: quali interessi lucani hanno difeso?

A volte mi sfugge la logica della politica. Ha ragione Giorgia Meloni a ricordare le pesanti responsabilità del Pd sull’Autonomia differenziata. Ma dovrebbe anche chiedersi come questo abbia contribuito alla crisi di rappresentanza del Pd soprattutto al Sud. Di questa crisi hanno goduto nel passato il M5S e la Lega e ora FdI.  E quindi una leadership attenta dovrebbe chiedersi come il suo elettorato del Sud vede questa riforma e se continuando così non imboccherà la stessa strada del Pd. Dovrebbe anche chiedersi quale sia l’entità della crisi di rappresentanza dell’intero Sud visto che alle Europee al Sud ha votato solo il 42% e nelle Isole il 35%.

Una leadership attenta dovrebbe anche essere consapevole che solo il forte astensionismo ha mascherato la perdita assoluta di 600 mila voti di FdI rispetto alle politiche di 2 anni fa. Se il M5S avesse conservato il milione e mezzo di voti che sono finiti nell’astensione sarebbe invece stata evidente la fine della luna di miele tra Yo soy Giorgia e gli italiani. E dovrebbe anche essere consapevole che il recupero del Pd, in specie al Sud, è dovuto alla completa inversione di rotta della segreteria Elly Schlein rispetto alle politiche Pd del passato: dalla Autonomia al Job Act.

Riguardo alle cosiddette liste di proscrizione dei deputati del Sud che hanno votato per l’Autonomia ricordo alla premier che questi non sono in parlamento per diritto divino ma devono rendere conto a chi li ha eletti. E, visto che ci siamo, i deputati e senatori lucani che hanno favorito e votato l’Autonomia alla Camera e al Senato sono il frusinate Aldo Mattia e Gianni Rosa, Salvatore Caiata di FdI, e la romana Elisabetta Casellati per FI. Che spieghino le ragioni del loro voto e quali interessi lucani hanno difeso in questo modo in un pubblico dibattito a cui mi farà piacere partecipare.

La narrazione tossica contro il Sud

Oltre a questo, assistiamo alla ripresa della consueta narrazione tossica sulle cause del divario Nord-Sud attribuita da sempre a fattori antropologici. Come quella di Renato Brunetta su il Riformista che afferma, senza mostrare alcuna evidenza numerica tratta da banche dati pubbliche e verificabili, che “Le aree più produttive del Paese hanno contribuito a finanziare i territori più svantaggiati, ma il divario non è certo diminuito” e che nel “Centro Nord si produce e al Sud si consuma”.

C’è da chiedersi dove siano finiti questi finanziamenti al Sud visto che di infrastrutture non se ne vede l’ombra e i Conti Pubblici Territoriali, che ripartiscono circa 1.200 miliardi di spesa pubblica corrente, mostrano nel solo 2021, per esempio, una spesa pro capite in Val D’Aosta di 36.208 euro, in Lombardia 20.701 e in Campania di 13.875. Persino per le politiche di coesione in Val D’Aosta e in Lombardia si spende molto più che in Campania, Rispettivamente 7.953 euro anno e 8.003 contro 5.492 in Campania.

Sarebbe ora di avere dei conti veri e non di fantasia come quelli di Luca Ricolfi che nel suo libro ‘Il sacco del Nord’ sostiene che al Sud si ha un tenore di vita maggiore perché a causa della maggiore disoccupazione si ha più tempo libero.  Per conti veri intendo spesa pubblica corrente più investimenti pubblici detratti dai contributi straordinari al Sud e al Nord: tutto calcolato con pari criteri, anche i contributi straordinari. Nel senso che se al Nord si fa un’autostrada a quattro corsie con risorse ordinarie anche al Sud le prime quattro corsie si fanno con risorse ordinarie e solo dalla quinta in su con quelle straordinarie.

Spero sia chiaro il concetto anche a quanti sottolineano le spese al Sud fatte dalla Cassa per il Mezzogiorno che furono, fino a prova contraria, sostitutive di una minima parte delle spese fatte al Nord con provvedimenti e risorse ordinarie e mai aggiuntive.

Mi farebbe anche piacere sapere cosa pensano gli amministratori del Sud quando Giorgio Mulè a Tagatà dice che sarebbe anche ora che il Sud inizi ad amministrare bene. Ho sempre contestato la gestione della sanità fatta dai governatori lucani da Vito De Filippo a Vito Bardi, passando per Marcello Pittella. Ma il loro operato mi pare encomiabile se raffrontato a quello di Roberto Formigoni in Lombardia che sulla sanità fu condannato e carcerato.

Leggo su un giornale che le peggiori regioni per la gestione della Sanità sono il Molise, la Basilicata la Calabria e la Sicilia: tutte amministrate dal Centro destra. Il non detto è: tutte al Sud, visto che sono terroni e che ha ragione Mulè?

Ma le cose sono più complicate di così

Non parlo delle altre regioni, occorre conoscere nel dettaglio i territori ma per la Basilicata è chiaro che non può essere gestita con le stesse risorse pro capita della Lombardia e del Veneto. La Basilicata ha una superficie grande come la metà del Veneto con una popolazione di un decimo. La densità di popolazione più bassa d’Italia dopo la Val D’Aosta, che però l’ha concentrata lungo l’unica vallata. Il 20% della popolazione è nei due capoluoghi, e un altro 20% è disseminato su 85 comuni con una popolazione media di 1300 anime. Ora qualche solone del Nord mi dovrebbe spiegare come la Basilicata possa avere le stesse prestazioni (LEA) del Veneto a parità di spesa annua pro capita (2.191 € in Veneto contro i 1.916 della Basilicata). Esistono le economie di scala e di scopo e forse per capirne meglio il significato basta immaginare che se la Basilicata avesse la stessa densità di popolazione del Veneto avrebbe 2,5 milioni di abitanti e tutto sarebbe diverso. A Padova, che ha gli stessi abitanti della nostra regione, basta un solo ospedale. In Basilicata non è possibile, data l’ampiezza del territorio e se si vuole offrire un servizio decente, averne solo uno. Senza considerare che in Veneto ci sono strade, autostrade mezzi pubblici e in Basilicata le infrastrutture viarie versano in condizioni pietose e i trasporti pubblici sono pressappoco inesistenti.  Insomma a Padova in dieci minuti se ti viene un infarto sei in ospedale, se ti viene in uno dei nostri paesi lucani fai a tempo a morire tre volte prima di arrivarci.

Verso la secessione?

Ma questa propaganda proditoria e ignobile contro il Sud dura ormai da troppo tempo, 163 anni per l’esattezza, e non se ne può più e sta distruggendo la stessa idea di Paese unito. Al Sud prima si votava Pd, ora meno e ci si astiene. Ora si vota Fratelli d’Italia ma in futuro meno e ci si asterrà ancora di più e con ragione. E come dice Fausto Bertinotti non si tratta di un assenteismo svogliato e distratto ma di un assenteismo attivo che dice: non vi voto perché non vi voglio votare. Nel mentre, sotto la cenere, aumentano, un luogo comune dopo l’altro e una falsità dopo l’altra, le spinte secessioniste sia al Nord sia al Sud. Perché le narrazioni tossiche e strumentali lasciano rabbia e disgusto i cui esiti possono degenerare rapidamente.