Conquistare la libertà di essere liberi

Anniversario della Liberazione per una nuova pedagogia della Libertà contro le vecchie e nuove dittature

Celebrare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo è il dovere di ogni cittadino. Respingere ogni forma di dittatura, combatterla è però una necessità che va oltre la memoria storica.

Ricordiamo la coraggiosa analisi di Pasolini quando mette in guardia da una nuova forma di fascismo, più subdola e insidiosa, intesa «come normalità, come codificazione del fondo brutalmente egoista di una società». “È il sistema dei consumi, che a partire dagli anni Sessanta si è reso responsabile dell’omologazione culturale del paese: un potere senza volto, senza camicia nera e senza fez, ma capace di plasmare le vite e le coscienze. A distanza di cinquant’anni, questi interventi mantengono intatta la loro forza critica, permettendo di cogliere alcuni dei tratti più profondi dell’Italia di oggi.” (Nota al testo del volume: Il fascismo degli antifascisti, Garzanti, 2028). Ma la riflessione pasoliniana di allora possiamo tranquillamente attualizzarla in tutto il mondo Occidentale in relazione a quanto è accaduto in questi 60 anni.

Già all’alba degli anni ‘60 emergono i primi vagiti della controffensiva verso ogni forma di critica e di ribellione al capitalismo. Dopo le lotte antirazziali, il movimento del 68, le manifestazioni studentesche, operaie e contadine di quegli anni, qualcuno, dalle parti del nascente neoliberismo, comincia a preoccuparsi: occorre fare qualcosa per evitare il continuo sabotaggio al sistema capitalistico. Parte così la rivoluzione dall’alto contro il basso, dei dominanti contro i dominati. E parte dagli Stati Uniti. Obiettivo: egemonia culturale, dominio sull’economia. Le Fondazioni delle corporation allestiscono think tank, finanziano università e corsi di laurea, programmano la guerra ideologica contro le ideologie di sinistra e ambientaliste. Il mondo viene attraversato dalla Thatcher, da Regan, da Pinochet. Siamo al There is no alternative.  Siamo all’invenzione del premio Nobel per l’economia. Il neoliberismo è alle porte, l’iper capitalismo ha conquistato tutti o quasi i territori dell’economia, della politica, della cultura e della vita delle persone. (Per approfondimenti si veda Marco D’Eramo, Dominio, Feltrinelli, 2021).

Fino ai giorni nostri, quando ci troviamo di fronte alla privatizzazione dei cervelli, alla “società di prestazione”, all’imprenditore di se stessi. Un mondo di ipnotizzati, schiavi, felici, persi nel panottico digitale, soggiogati dalla mercificazione dei sentimenti, incapaci di qualunque rivoluzione. Nel frattempo scompaiono i riti e tutto il simbolismo che li avvolge. Perdiamo la capacità di usare le cose, non usiamo più niente e consumiamo tutto. Passiamo dai miti ai mitoidi, da “una comunità senza comunicazione a una comunicazione senza comunità” (Chul Han, 2020). Anzi, la comunità scompare e nell’aria risuona l’eco del sé autoreferenziale e individualista. Il narcisismo prevale nelle relazioni tra gli individui e tra questi e il resto del mondo reale e virtuale. In breve, il neoliberismo, con tutti i suoi corollari, conquista il mondo.

Chiediamoci se la Repubblica per come era stata immaginata dai costituenti funzioni ancora sui fondamentali democratici. Chiediamoci se lo Stato abbia o meno abdicato al Mercato. Chiediamoci se il salario da variabile indipendente sia diventato l’unica variabile dipendente. Chiediamoci fino a che punto la sfera pubblica sia stata spoliticizzata. E infine, chiediamoci, se la visione economica che domina nel nostro Paese e in Occidente, non sia quella per cui le persone debbano credere solo al Mercato, luogo in cui tutti devono aspirare a diventare virtuosi produttori e obbedienti consumatori. Facciamoci queste domande e forse scopriremo che siamo sottoposti a regimi autoritari che usano l’arma della seduzione per ottenere il consenso del popolo dei consumatori e non più cittadini. Un popolo che crede di vivere in libertà. Facciamoci queste domane e forse scopriremo che siamo vincolati con le nostre vite all’egemonia culturale, economica, dell’élite neoliberista. Liberi e sovrani potremmo esserlo se fossimo capaci di stabilire in piena autonomia e quindi in forma responsabile e con autentica autodeterminazione, il nostro limite, i nostri limiti. Al contrario, sono gli altri a fissare i nostri limiti. Facciamoci queste domande e forse scopriremo che siamo tutti all’ora d’aria permanente nel panottico digitale e consumistico. Sottoposti alla psicopolitica digitale: dalla sorveglianza passiva dei vecchi regimi totalitari, al controllo attivo, e da noi stessi partecipato, della tecnologia manipolata dal Mercato.

“Oggi ci denudiamo di nostra spontanea volontà, senza alcuna coercizione, senza alcun obbligo. Immettiamo volontariamente in rete tutti i dati e le informazioni possibili su noi stessi, senza sapere chi sa cosa sul nostro conto, quando e in quale circostanza l’ha saputo” (Byung-Chul Han, 2016). Questa roba si chiama “crisi della libertà”. Siamo sottoposti al permissivismo dei nuovi Poteri, quel permesso benevolo si offre a noi come libertà. “La tecnica di potere del regime neoliberista assume una forma subdola, duttile intelligente e si sottrae a ogni visibilità”. E quindi noi, sottomessi, non siamo mai coscienti della nostra sottomissione. E così ci crediamo liberi, in un recinto dove il regime non è repressivo, ma seduttivo, non dà la sensazione di sfruttarti, ma di sedurti. Dunque il regime neoliberista è “più potente del potere repressivo, non nega o reprime la libertà, ma la sfrutta”. La libera scelta non è altro che la libera selezione tra le offerte del mercato. In conclusione, stiamo attenti a parlare di libertà in questa epoca di repressione invisibile e impercettibile. Qui nin è in gioco soltanto la libertà di pensiero è in gioco la capacità di pensare. E’ in gioco il pensiero. Anullato da una narrazione unica e aggregante intorno agli algoritmi della risposta pronta ed eterodiretta. E’ l’annullamento del valore delle domande e l’esaltazione delle risposte cash, precotte, già pronte. E dunque le democrazie perdono terreno, arretrano, senza accorgersene, prevaricate da oligarghi e plutocrati di ogni specie.

Il fascista, il fascismo, la cultura fascista non sono poi così difficili da identificare e quindi da combattere. Quello che appare difficile da individuare e da comprendere è il sistema di regime totalitario a cui siamo sottoposti. I nuovi poteri che si alimentano nel circuito neoliberista ci rendono schiavi di una schiavitù inedita perciò invisibile, anzi, piacevole, benevola. È quella benevolenza che rende la sorveglianza su di noi molto efficace. Non percepiamo alcuna repressione, mentre siamo sottoposti continuamente alla negazione delle libertà. Siamo detenuti volontari, e finché non prendiamo coscienza di questa condizione sarà difficile combattere le nuove dittature che indossano i panni della libertà. In questi 70 anni il nostro Paese, l’Europa, l’Occidente sono stati avvolti nel flusso del totalitarismo neoliberista sempre più pervasivo e penetrabile nelle coscienze di centinaia di miliardi di persone, pardon consumatori. Il fascismo del ventennio può sempre riapparire sotto altre vesti e quindi bisogna essere vigili, ma dobbiamo sapere che un’altra forma di fascismo si annida sottoforma di libertà, da decenni, nella nostra vita: l’egemonia neoliberista. Le guerre e i genocidi invadono il mondo, la fame e le malattie ammazzano milioni di bambine e bambini, le povertà si espandono, le forme di schiavitù si moltiplicano. Questa condizione di molte aree del Pianeta quanto ha a che fare con la nostra presunta libertà e con la morte dei diritti umani? Occorre una nuova pedagogia della libertà: ed è quella pedagogia che adesso bisogna conquistarsi. Non basta difendere la libertà di opinione, bisogna conquistare la libertà di essere liberi.